Di fronte al massiccio investimento cinematografico da parte della Marvel, tra prequel dei Vendicatori e degli X-men, e in attesa di rilanciarsi con il nuovo Superman e con il seguito di Batman, la Dc Comics – sotto l’egida della Warner Bros. – rispolvera per il grande schermo un supereroe abbastanza secondario del suo carnet: Lanterna Verde, membro di un gruppo di custodi intergalattici, il cui potere deriva da un anello, ricaricabile con un lanterna, capace di trasformare in realtà ogni cosa che venga pensata dalla sua immaginazione. Il protagonista, il pilota d’aerei Hal Jordan, si troverà a essere il primo esponente del pianeta Terra a far parte del corpo di polizia universale. Privo di particolari e macroscopici difetti, il film che ne risulta ha il sapore del passatismo, del ristabilimento di equivalenza assoluta tra l’essere e l’apparire, della chiara definizione tra Bene e Male. Hal Jordan, interpretato da Ryan Reynolds, infatti è il classico “primo attore”, l’eroe bello e fascinoso immediatamente apparentabile al campo di battaglia dei giusti; al contrario il suo comprimario è il nerd innamorato della stessa donna di Jordan che finisce per incattivirsi definitivamente divenendo l’emissario in Terra del supermalvagio galattico.
Tutta l’ambiguità che si trova ad esempio in un personaggio quale Batman o nella “mostruosità” ontologica degli X-men viene qui annullata dalla rettezza dell’eroe. Si salva almeno un elemento che permette di fare di Lanterna Verde un supereroe problematico ed è la sua ricorrente tentazione di fuggire dalle responsabilità. Ma non è abbastanza, non tanto almeno da evitare un paragone con Captain America, altro perfetto rappresentante del Bene, stavolta per parte Marvel, anch’esso in sala in questi giorni. In entrambi i film si ha la sensazione di un arroccamento, di una granitica difesa del modello statunitense dell’individuo, l’idea – nonostante Obama – del WASP quale unico depositario del sapere e del potere di salvare il mondo. Ne consegue un’inevitabile mancanza di ironia, di cui soffre in maniera evidente Lanterna Verde, e una rigidità di fondo difficile da emendare, pagando probabilmente il peccato originale di un supereroe la cui stessa strumentazione appare vintage e ingenua, dall’anello alla lanterna, fino alla risibile maschera per coprire gli zigomi.
Nonostante ciò il film nel complesso può vantare un buon risultato tecnico, da una sceneggiatura che non cade in sviste eccessive (a parte l’isolata sequenza familiare), a una regia corretta capace di lanciarsi in qualche anelito visionario (in particolare nella resa del pianeta Oa, base delle lanterne verdi). Per una volta, persino l’uso del 3D appare azzeccato, permettendo di dare profondità di campo agli oggetti che il protagonista materializza grazie ai suoi poteri. Siamo sempre nel campo di un uso attrattivo, quasi da fiera, di questa tecnica, ma è un passo avanti rispetto a quanto si è visto negli ultimi tempi in cui il 3D è parso spesso esornativo.
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