Albert Nobbs

01/02/12 - La magistrale interpretazione di Glenn Close, nei panni di un uomo nell'Irlanda dell'800, riscatta ogni piccola contraddizione del film di Rodrigo Garcia.

Dalla nostra inviata LIA COLUCCI

È stato uno dei film più attesi di Torino 29. Ora esce in sala Albert Nobbs, interpretato da una superba Glenn Close e ambientato nell’Irlanda dell’800. La donna dopo una violenza subita decide di fingersi uomo e di intraprendere la carriera di maggiordomo. Diretta con maestria dal colombiano Rodrigo Garcia,Glenn Close non è nuova a questo personaggio. Infatti ha interpretato per la prima volta il ruolo in una produzione teatrale del 1982, e ha trascorso molti anni tentando di realizzarne un film. Il progetto stava per entrare in produzione all’inizio degli anni Duemila, con la regia di István Szabó, ma si fermò per mancanza di fondi. Oltre a essere la protagonista della pellicola, l’attrice è anche fra i produttori e ha firmato la sceneggiatura insieme a John Banville. La produzione avrebbe dovuto cominciare nel luglio 2010 ma è stata rimandata a dicembre, quando Mia Wasikowska e Aaron Johnson hanno sostituito Amanda Seyfried e Orlando Bloom.

L’interpretazione della Close in qualche maniera ricorda nelle sue forti tensioni emotive l’Antony Hopkins di quel capolavoro che è Quel che resta del giorno, pur con le debite differenze, ma entrambi hanno un dolore inespresso, un’inconsapevolezza drammatica che li caratterizza. La pellicola di Garcia si muove però in maniera ondivaga e, soprattutto nella seconda parte, quando Nobbs sogna di sposare una piccola opportunista e aprire una cartolibreria, che a lui pare la realizzazione di ogni desiderio soddisfatto, il film ha dei cedimenti rispetto alla parte assolutamente impeccabile che lo ha preceduto. Rimane la performance di Glenn Close, qui ai suoi massimi livelli. Il resto del cast non brilla per maestria ma riesce a rendere bene quell’Irlanda dell’Ottocento in cui la povera fanciulla, poi diventata Albert, nacque nel peccato da genitori di cui mai conobbe l’identità. E così dovette, inventarsi una vita, un lavoro, una nuova sessualità. Per giungere a sognare solo una piccola cartolibreria e una sgualdrinella interessata ai suoi pochi risparmi. Ben misera cosa pare a volte l’esistenza.

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