In Biennale Collage alla 75esima Mostra del cinema di Venezia, un ottimo esordio al femminile. La giovane Margherita Ferri presenta un’opera a tratti autobiografica: un film di formazione su un’adolescente che è in cerca del suo posto nel mondo, che ha bisogno di conoscersi, accettarsi e imparare a rapportarsi con gli altri. “É come se io e gli altri non ci incrociassimo mai” afferma Maia, quando – dopo gli sconti, gli atti di bullismo subiti soprattutto ai compagni della squadra di hochey (è l’unica ragazza a giocare)-, accetta di avvicinarsi a Vanessa, una compagna di scuola anch’essa in cerca.
Margherita Ferri aggiunge: “Maia è in lotta con il proprio essere. Non riesca a trovare uan comprensione tra lei e il mondo”.
Protagonista insieme a Maia-Zen è il paesaggio che la regista definisce in maniera molto chiara: “Lavoro da molto sul concetto di paesaggio emozionale: una ricerca visiva che sto portando avanti dai miei primi documentari. Relazionare il territorio con le emozioni, i dubbi e le evoluzioni dei personaggi è ciò che voglio, come se l’esterno riflettesse ciò che il personaggio sente”. E nel film il paesaggio è quello degli Appennini e quello delle scene dei ghiacciai del mondo, con il loro mutare inesorabile e i loro rumori così affascinanti e spaventosi al tempo stesso”. Un po’ come il crescere che fa tanta paura.
Rimandiamo all’intervista per comprendere meglio i concetti espressi dall’autrice sia sullo spazio che sull’uso delle musiche.
Zen sul ghiaccio sottile sarà nelle sale da ottobre per l’Istituto Luce.
giovanna barreca