“Per ogni suo film c’è un pensiero ben organizzato che si nutre delle esperienze anche degli altri registi. Un cineasta che ha dimostrato di studiare non solo la lezione dei nuovi realismi del cinema moderno ma anche del realismo contemporaneo” così Marco Muller, direttore artistico del Festival Internazionale del film di Roma, introduce in sala Walter Salles, Premio alla carriera 2014.
Al regista brasiliano, amato in Italia per opere come I diari della motocicletta, Central do Brasil, il riconoscimento più importante attribuito dal festival capitolino, arrivato alla sua nona edizione.
A consegnare il premio al regista che ama definirsi “un documentarista che realizza film di finzion”, insieme a Muller ed alla madrina Nicoletta Romanoff, il regista Jia Zhangke, protagonista del suo ultimo documentario. Un’opera che omaggia un punto di riferimento cinematografico di Salles con, parole di Muller: “uno straordinario documentario che in qualche modo si fonde perfettamente con l’opera di lungometraggi narrativi e autobiografici di Jia Zhangke”.
Walles ha accompagnato – attraverso la sua macchina da presa spesso molto ravvicinata, – l’autore di Still life e Il tocco del peccato, in tutti i luoghi più importanti per la sua formazione personale di uomo e di cineasta: dalla sua prima casa della quale tocca la parete dove il padre, professore, teneva centinaia di libri (oggi un muro bianco), alle case dei tanti vicini dove andava spesso a cenare (ricorda la mancanza di cancelli e la fame sofferta in questi anni), a quello che fu il suo primo set cinematografico (un vecchio teatro abbandonato). Tra i suoi collaboratori-amici di ieri e di oggi e immagini dei suoi film degli esordi. Un omaggio e la possibilità di guardare al cinema, ad una cinematografia (e al mondo) da un punto di vista privilegiato. Un documentario presentato a Roma ancora sotto forma di Work in progress.
Salles ricordando quando Jia Zhangke gli regalò una copia pirata dei I diari della motocicletta (“Aveva una copertina più bella di quella del dvd originale”), riceve il premio ringraziando Muller e il nostro paese: il debito che come cineasta sente di avere nei confronti del cinema italiano. Aggiunge: “Non ci si può innamorare del mondo del cinema se questo non viene alimentato. E non l’avrei mai fatto senza i film di Antonioni o opere come Ladri di biciclette di De Sica o il documentario di Pasolini Sopralluoghi in Palestina del 1965. Sono state opere fondamentali per la mia formazione”.
giovanna barreca