E’ partita sabato 2 aprile la 7ma edizione del Bif&st – Bari International Film Festival, la manifestazione che Felice Laudadio creò assieme a Ettore Scola per raccontare il cinema italiano del passato e del presente e per allargarsi poi al cinema internazionale. Questa edizione 2016 torna a concentrarsi su film e attori nostrani, in particolar modo dedicando due retrospettive a due miti del nostro cinema: Ettore Scola, ovviamente, presidente del festival dalla sua nascita, e Marcello Mastroianni, al centro della retrospettiva ricchissima che oltre a moltissimi film dell’attore prevede documentari, convegni e masterclass tenute da registi che con Mastroianni hanno lavorato, come – nei primi due giorni – Liliana Cavani e Francesca Archibugi.
Per quanto riguarda il cinema del presente, il festival 2016 dedica due sezioni al nuovo cinema italiano: da una parte, mostrando in rassegna le migliori opere prime e seconde dell’anno – come Arianna di Lavagna, Un posto sicuro di Ghiaccio o La macchinazione di Grieco presentati nei primi due giorni -, dall’altro con la novità di quest’anno, ossia la sezione Nuove proposte che propone film indipendenti che dovrebbe misurare il polso delle novità, di autori e tendenze emergenti. Per ora però sembra il punto debole del festival: dei tre film mostrati finora (The Plastic Cardboard Sonata di Falcone e Persello, Il figlio sospeso di Termine e L’universale di Micali), solo il terzo ha dimostrato una sua vitalità, raccontando la storia del cinema Universale di Firenze, luogo di formazione cinematografica tra cinema popolare e proposte d’essai che però aveva anche una sua forte valenza, che il regista mostra tra il bozzetto regionale e lo sfondo degli eventi storici. Il contrasto non funziona, ma Micali ha un senso del ritmo, un gusto per gli attori, un tono gradevole che agli altri due film manca completamente: il primo perso nel suo tentativo di cinema alto, poetico e filosofico che diventa meccanico e ripetitivo – e molto presuntuoso – come il suo protagonista; il secondo mostrandosi ai limiti del presentabile, come fosse un fotoromanzo dallo stile sciatto e sconnesso, senza idee di regia o abilità di racconto, a cui cede anche un attore degno di miglior causa come Paolo Briguglia.
Per ora non va molto meglio nemmeno con le anteprime internazionali, i film che riempiono le serate del teatro Petruzzelli con le proposte delle major e non solo che vedranno le sale nelle prossime settimane: Zona d’ombra, il film di Peter Landesman con Will Smith (che ha fatto nascere la polemica sul razzismo degli Oscar per la mancata nomination di Smith), ha l’andamento, i personaggi e lo stile di un pilot televisivo riempito, a tratti appesantito, da questioni politiche poste in modo fin troppo corrivo e retorico e da un protagonista molto compiaciuto; Victor – La vera storia di Frankenstein, versione del romanzo di Shelley diretta da Paul MacGuigan vorrebbe fare con Frankenstein ciò che Guy Ritchie ha fatto con Sherlock, ma non ha quella follia, quel ritmo guascone e ancora meno un tocco poetico che rende ironico il grottesco e non mera pesantezza.
Passato il weekend, il Bifest e i suoi spettatori attendono buoni film, ma l’impressione è che la formula in sé di quest’anno funzioni meno del solito.
Emanuele Rauco