“Sarebbe bello far vedere un po’ di questi cartoni animati a quelli dell’Isis” si lascia scappare, con un eccesso di entusiasmo, Paolo Ruffini. È il momento più esilarante della conferenza stampa italiana di Cattivissimo 3 (dal 24 agosto in sala con Universal), a cui il comico toscano ha preso parte in qualità di doppiatore insieme al veterano Max Giusti (confermatissima voce di Gru) e Arisa, biondissima come il personaggio che doppia, Lucy.
La relazione virtuosa tra cartoon e aspiranti terroristi, pensabile nei termini di una cura Ludovico animata, viene immaginata da Ruffini all’interno di un discorso complessivo sugli effetti benefici dell’animazione per l’umanità, nel rilievo espresso davanti a una sonnacchiosa platea di giornalisti che “l’idea di fare qualcosa come Cattivissimo me 3 in un momento in cui si parla tanto di haters è geniale, politica. Questo è un film in cui ci si combatte con la war-dance e ci si fa fuori a colpi di Michael Jackson e Van Halen”.
E mentre fantastichiamo di improbabili singolar tenzoni a passo di danza – ci vengono in mente almeno Trump vs. Putin e Renzi vs. Grillo – veniamo trascinati nell’altro grande varco semantico aperto dal film, gli anni Ottanta, l’age d’or di tanta industria culturale di oggi, la “retromania” come scriveva qualche giorno fa su Il foglio la Mancuso. Il mangianastri e le audiocassette di Tredici, le “spielbergate” di Stranger Things e ora anche il terzo Cattivissimo me, che pesca a piene mani nell’immaginario pop ed edonista degli spensierati eighties: “Io sono rimasto negli anni ’80 – confessa sempre Ruffini – alle canzoni di allora, ai vhs, alla prima serata televisiva delle 20.30, a Bim Bum Bam, ai colori.”. E Max Giusti: “Un’epoca di sogni, di positività. Cattivissimo me 3 ci riporta a quel mondo lì, un mondo da fabia”. Meno nostalgica Arisa, classe ’82: “Ho vissuto consapevolmente gli anni ’90. Del decennio precedente ricordo la serenità che si respirava in famiglia.”
Quindi il colpo di scena: “Sul mio corpo ho tatuato Gary Coleman, cioè Arnold. In fondo il villain che doppio, Balthazar Bratt, gli è molto affine: entrambi hanno avuto successo negli anni ’80 per poi finire nel dimenticatoio. È un cattivo folle, eccentrico, ma che capisco: Hollywood l’ha tradito e ora lui vuole raderla al suolo”.
Chi non ha rivendicazioni di sorta nei confronti di Hollywood è invece Max Giusti: “Dovrò sempre ringraziare Cattivissimo me, perché mi ha dato la fama con il pubblico più importante: i bambini”. Oltre a Gru, Giusti qui deve doppiare anche Dru, il gemello ritrovato dell’altro: “Steve Carell nell’originale usa l’accento dell’est per entrambi, ma da noi sarebbe stato politicamente scorretto, l’ho potuto fare in maniera simpatica solo con Dru. Questo è un paese bacchettone”.
Un paese, gli fa eco Ruffini pensando sempre agli ’80 in cui è rimasto, “dove oggi non è più possibile fare uno sketch come quello di AssFidanken o proporre le ragazze Coccodé: animalisti e femministe ci sterminerebbero”.
Siamo diventati più rispettosi, corretti, ma anche meno liberi, sembrerebbe l’assunto di tutto l’incontro. Con postilla marketing, affidata al Giusti: “Io non amo i cartoni animati, mi annoiano. Quelli di Illumination hanno però qualcosa di diverso, di non stucchevole: in quale altro cartoon trovereste delle big bubble che uccidono?”
Gianluca Arnone