Parte domani, mercoledì 17 maggio, la 70° edizione del Festival di Cannes. Proviamo a vedere quali saranno i titoli che non passeranno inosservati.
Ogni volta che Michael Haneke partorisce un nuovo film, lo attendiamo con ansia e trepidazione. Quasi fosse una creatura aliena. Per chi conosce il suo cinema, sa che Happy End può equivalere a Funny Games, o cambiando tema allo straziante Amour. Titoli evocativi che nascondono abissi di disperazione. Stavolta l’occhio del regista austriaco si sposta a Calais, dove transitano gli esuli del mondo.
Una linea rossa che accomuna le altre opere del Concorso, insieme con i danni ambientali, la crudeltà verso gli animali, il degrado umano. “Sono gli artisti – ha detto in un’intervista il direttore Thierry Fremaux – che riflettono la realtà politica e sociale. L’immigrazione 20 anni fa non era il grande tema, oggi lo è”.
In mezzo di tutto un po’: il traffico di sesso (You Were Never Really Here) di Lynne Ramsay conn Joaquin Phoenix; il tragicomico Good Time dei fratelli Safdie, un bel duetto su cui scommettere: tutto in una notte di due fratelli rapinatori imbranati (bravo Robert Pattinson); il provocatorio ed esilarante Le Redoutable di Michel Hazanavicius, altro aficionado della Croisette. Qui Louis Garrel supera se stesso nei panni di Jean-Luc Godard alla fine degli anni sessanta.
Al misterioso Jupiter’s Moon dell’ungherese Kornél Mundruczó (con il precedente White God aveva vinto il premio Un Certain Regard nel 2014). E ancora: un bravissimo documentarista come Sergei Loznitsa in competizione con A Gentle Creature, The Beguiled di Sofia Coppola, remake (o no?) della Notte brava del soldato Jonathan diretto da Don Siegel, con cast stellare (Nicole Kidman, Elle Fanning, Colin Farrel).
Nessun italiano in gara, due in Un Certain Regard (Fortunata di Sergio Castellitto e After the War di Annarita Zambrano) e altri sparsi tra Quinzaine e Semaine, come L’intrusa di Leonardo Di Costanzo, Sicilian Ghost Story di Piazza e Grassadonia e A Ciambra di Jonas Carpignano.
Come nel 2015, Fremaux ha deciso di fare l’Ouverture con un film francese. Allora con La Tete haute di Emmanuelle Bercot, che disorientò più la stampa che il pubblico. Non si trattava certo di un capolavoro, ma come scrive Fremaux nel suo journal fiume, Selection officielle, libro brillante, frizzante, rivelatorio: “Mi assalgono dei rimorsi. Aver voluto che Le ricette della signora Toku fosse l’apertura di Un Certain Regard e non I miei giorni più belli di Arnaud Desplechin credo sia stato un errore, senza dubbio Arnaud si è sentito abbandonato. Here we are: quest’anno l’apertura sarà proprio Les fantômes d’Ismaël di Desplechin. Chi l’avrebbe detto?
Marina Sanna