Cannes, la creatura gentile di Loznitsa

“Non ci sono riferimenti a situazioni o personaggi politici precisi. Sono dell’idea che ognuno di noi, nel suo piccolo, sia responsabile di quello che succede. E le persone che costeggiano il potere non saranno direttamente responsabili, forse, ma di sicuro complici”.

Sergei Loznitsa torna in concorso a Cannes (dopo My Joy e In the Fog) con il suo terzo film di finzione, A Gentle Creature, liberamente ispirato a La mite di Dostoevskij, racconto già portato al cinema da Bresson nel 1969 con Une femme douce (che, non a caso, è anche il titolo francese di questo film).

“Era da tempo che volevo realizzare questo film – racconta ancora il regista ucraino, di origini bielorusse -. Già ai tempi di My Joy (2010, ndr), durane le riprese, ebbi il primo spunto”.

A Gentle Creature è incentrato sulla figura di una donna senza nome (Vasilina Makovtseva), che vive da sola alla periferia di un villaggio in Russia. Un giorno riceve indietro il pacco inviato qualche tempo prima al marito rinchiuso in carcere. Profondamente scossa e confusa, la donna in cerca di una spiegazione non ha altra scelta che recarsi presso la prigione, situata in una zona remota del Paese, dove spera di ottenere informazioni. Comincia così la storia di un viaggio pieno di umiliazione e la violenza, la storia di una battaglia assurda contro una fortezza impenetrabile.

“È la Russia di oggi, certo. Ma potrebbe essere anche una Russia eterna, sospesa nel tempo, tra quella sovietica e quella dell’impero russo”, spiega il regista.

Che dimostra ancora una volta di saper passare con disinvoltura dal cinema documentario (si pensi ai più recenti Maidan, The Event e, soprattutto, Austerlitz) a quello di fiction, ed è già al lavoro sul suo prossimo film: “Si chiamerà Donbass, e sarà ambientato nell’Ucraina di oggi. Se tutto va bene iniziamo a girare tra settembre e ottobre”, svela il regista, che dimostra di non avere particolari preferenze tra i due modi di concepire il cinema: “Credo che anche i miei documentari, dopotutto, contengono elementi propri del cinema di finzione”.

Valerio Sammarco