Il London Film Festival ama ospitare anche il cinema avantgarde, e non solo inglese. Quando si tratta però dei doveri di rappresentanza, i suoi organizzatori preferiscono mettere in prima linea uno di loro, e la cittadinanza britannica diventa conditio sine qua non. E così anche la 61. edizione verrà inaugurata quest’anno da una pellicola inglese doc di un attore inglese doc, al debutto alla regia. Saranno infatti puntati su Andy Serkis i riflettori dell’apertura a Leicester Square, il prossimo 4 ottobre.
Finanziato da BBC e British Film Institute, scritto da William Nicholson (nominato all’Oscar per Everest), con il brillante Andrew Garfield e Claire Foy nei ruoli principali, e Hugh Bonneville (Paddington), Tom Hollander (The Night Manager) e Stephen Mangan (Rush), il biopic Breath racconta il dramma dell’inglese Robin Cavendish (1930-1994), che all’età di 28 anni contrasse la poliomelite e rimase paralizzato dal collo in giù, potendo respirare solo con l’aiuto di un supporto meccanico e con una prospettiva di vita di pochi mesi. Nonostante il colpo inferto dal destino, Cavendish sopravvisse a lungo grazie alle cure, e all’amore della moglie Diana, e divenne il primo attivista in favore dei disabili e dello sviluppo di soluzioni mediche capaci di rendere degna di essere vissuta anche una vita spezzata da una malattia.
È solo di un paio d’anni fa il bel film La teoria del tutto, biopic del 2014 diretto da James Marsh e interpretato da Eddie Redmayne nei panni del giovane Stephen Hawking, il celebre fisico, astrofisico e cosmologo. Per la sua interpretazione Redmayne si è aggiudicato il Premio Oscar al miglior attore. Anche in quel film, come in Breathe, viene raccontato un caso di disabilità estrema, una lotta per la vita, in forma di inno alla volontà.
In cosa si differenzia Breathe?
Intanto quel bellissimo film racconta la biografia di una celebrità, il grande fisico Stephen Hawking. Hawking è noto in tutto il mondo, Cavendish no. La notorietà di fatti e personaggi raccontati, da uno spessore, una connotazione diversa a una pellicola. Ci si confronta con una storia nota ai più. Quella di Cavendish è una storia conosciuta da pochi inglesi. Ma non per questo poco importante. Quando lui si ammala siamo negli anni 50. Allora un disabile, anche non grave, veniva di prassi rinchiuso, e uso consapevolmente questa parola, nella migliore delle ipotesi, in un istituto. Nella peggiore, abbandonato chissà dove. Cavendish condusse una lotta non solo per sé stesso, ma per il riconoscimento sociale di una condizione. E non importa di quale malattia si tratti. La sua è stata una lotta per la dignità della vita, di ogni vita.
Il dramma di una lotta per la vita interpretato da un giovane attore dal talento brillante alle prese con una trasformazione fisica e già candidato a un Oscar. Le premesse ci sono per fare di Breathe uno dei player alla prossima notte degli Oscar.
Intanto ci preoccupiamo di avere la migliore accoglienza a Londra. Il resto verrà da sé.
Vale la pena sottolineare che uno dei produttori di Imaginarium Production, che ha cofinanziato la pellicola, è Jonathan Cavendish, figlio della coppia di cui parla il film.
Quella di Breathe è una storia che tocca da vicino tutti noi di Imaginarium e sapere che l’anteprima europea del mio debutto alla regia avverrà a Londra, la mia città natale, rappresenta un sogno che va oltre l’immaginazione.
Andy Serkis è famoso per aver prestato le sue eccellenti doti recitative ai personaggi digitali di Gollum (Il Signore degli Anelli) e Cesare (Il pianeta delle scimmie). Come è arrivato alla regia?
Credo di non aver cercato l’occasione, il film giusto. È questa storia che ha trovato me. Il tema che mi ha colpito nel profondo è quello della forza della volontà. Il dono più grande che ci è dato. La volontà apre ogni possibilità, trascende le difficoltà, le sublima nel coraggio. Robin e Diana hanno ingaggiato in anni assai avversi per le persone affette da disabilità, una lotta che ha dell’incredibile. Lei è rimasta al suo fianco, lui è riuscito a vivere una vita al massimo delle possibilità. Ma la loro, ed è questo a renderla unica, è stata una lotta universale, per tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni di svantaggio. Basta pensare che è grazie a questa coppia se in Gran Bretagna già all’inizio degli anni 60 si arrivò a portare la tecnologia per la respirazione artificale fuori dagli ospedali.
La volontà rende liberi.
E una storia d’amore che ci racconta di quanto sia importante vivere ogni respiro come se fosse l’ultimo. Sentimentale? Questa è stata la vita di Robin e Diana Cavendish.
Simone Porrovecchio