Curare e formare con la danza anche ragazzi down e persone con menomazioni fisiche. Insegnare alle persone a rapportarsi con lo spazio vitale che le circonda attraverso un’intensità di gesti unici. La Mostra del cinema di Venezia si tinge di poesia con i movimenti di Maria Fux raccontati nel documentario Dancing with Maria di Ivan Gergolet, alla sua opera prima. Il film, nato grazie alla moglie del regista – allieva della danzatrice argentina -, è il racconto di un’esperienza di vita che ha percorso il secolo scorso e l’attuale. Lo spettatore ne segue le tappe, si appassiona, fino ad arrivare alla nitida e generosa testimonianza di un corpo che non è più in grado di muoversi come una volta ma sa esprimere forza, consapevolezza di sè, tenacia e fragilità insieme.
Ma l’aspetto più interessante del documentario presentato all’interno della Settimana della critica non è solo quello artistico o fisico che emerge ma soprattutto il calore di un esempio di vita. Un’esistenza fatta di scelte non sempre facili ma protese verso un’umanità e una forma d’arte unica per esprimersi, lontana dai condizionamenti sociali e culturali.
Inoltre a Venezia il film è proseguito diventando danza viva tra le strade del Lido. Un flashmob improvvisato che proprio qui, come nelle migliaia di sale di danza che utilizzano il metodo di Maria, è diventato incontro con l’altro. Ad accompagnare le “fuxiane” anche un quartetto d’archi e dagli “uomini leggio”, tra cui il regista.
Il film è prodotto da Igor Prinčič (già produttore del fortunatoZoran, il mio nipote scemo) e coprodotto da Transmedia (Italia), Imaginada Films (Argentina) e Staragara (Slovenia).
giovanna barreca