#Short-L’Elephant in the room della solitudine

Il profondo rapporto d'amore tra una madre e un figlio è al centro del cortometraggio girato dalla regista svizzera Chanelle Eidenbenz, in concorso internazionale allo Short 2019.
Intervista a Chanelle Eidenbenz e Pascal Reinmann a cura di Giovanna Barreca

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Elephant in the room è un’espressione metaforica inglese, molto nota anche in Italia ed è usata per indicare un problema palesemente noto ma che ci si ostina ad ignorare. Irma, la protagonista del corto Elephant in the room della regista svizzera Chanelle Eidenbenz, in concorso al Ca’Foscar Short film festival, vive con accanto una bambola di plastica che ha le fattezze di un uomo che lei chiama Elias. La porta in ogni luogo, persino alle lezioni di ballo o sotto la doccia. Irma ha bisogno di un contatto fisico fatto anche di una semplice carezza data o “ricevuta” dall’oggetto e non si rende conto e non capisce il disagio del figlio.
Il ragazzo che la ama profondamente prova ad aiutarla e il cortometraggio si basa tutto sul rapporto tra madre e figlio e sul saper raccontare questi due dolori: la madre soffe, il figlio soffre ma nessuno dei due è in grado di capire o provare a far comprendere all’altro le proprie emozioni, il proprio disagio, davanti a questo suo comportamento.
La bravura della regista, classe 1992, è stata quella di saper da subito creare un rapporto empatico tra lo spettatore e questi due personaggi così diversi ma entrambi così soli e di non creare una sorta di compiacimento della sofferenza. Anzi nel film si percepisce questa forza propulsiva verso un cambiamento così doloroso da mettere in atto.

Nella nostra intervista la regista, accompagnata dal cameraman Pascal Reinmann ci racconta molto del processo produttivo e anche delle difficoltà logistiche durante i giorni di set.

giovanna barreca