“In Israele è difficile slegare l’esercito dall’esistenza” dichiara uno dei protagonisti del documentario Treve, girato da Carmit Harash e presentato in Internazionale.doc al Torino Film Festival. L’autrice ormai da anni vive in Francia e proprio sfruttando questa distanza – che le permette di rapportarsi in maniera diversa a ciò che accade nel suo paese – ci porta all’interno del conflitto israeliano, all’interno di un Paese che vive in costante allerta e ansia. La tregua (anche titolo del film) è ormai uno stato mentale, fa parte della quotidianità di persone che da generazioni vivono conoscendo solo la guerra e brevi momenti di pausa tra un conflitto e l’altro. Tra politici che tornano a parlare di guerra necessaria per difendere i confini e poi successive dichiarazioni, sempre degli stessi, di cessate il fuoco. In tutto questo flusso di immagini, Carmit Harash lascia che tale stato di malessere quotidiano, ormai consuetudine, venga raccontato da alcuni suoi parenti, pacifisti e non. Al suo terzo capitolo della trilogia sulla guerra, l’autrice ci rende partecipi della sofferenza del suo popolo attraverso ottime scelte stilistiche: un bianco e nero caldo, l’uso di una super 8 che sgrana leggermente l’immagine e lunghi piani sequenza. Abbiamo lungamente chiacchierato del suo stile, della necessità di una pace in una terra che deve ritrovare la speranza, in un’intervista esclusiva.
GIOVANNA BARRECA