Le storie non solo si (audio)vedono, ma si possono anche ascoltare. Sembra banale a dirsi, visto che viviamo in costante contatto con la narrazione verbale nelle nostre consuete chiacchiere quotidiane. Ma è altrettanto vero che ormai il racconto per immagini domina incontrastato nella fruizione di prodotti di ricostruzione del reale, che sia cinema di fiction, documentario, tv, nuove risorse del web o quant’altro. Il Bellaria Film Festival ha deciso invece di ridare valore alla narrazione orale, istituendo una sezione apposita di concorso, Radio Doc, dedicata all’audio-documentario, e una serie di iniziative collaterali, come workshop sulla produzione di narrazioni radiofoniche e sull’evoluzione della tecnologia di cattura del suono. E, non ultimo, proponendo per la prima volta in Italia Glenn Gould, Schönberg e l’Information Overload, raccolta audio inedita di esecuzioni musicali, dissertazioni e conversazioni con John Cage del grande pianista canadese, a cura di David Jaeger.
L’esperienza dell’audio-documentario, così come si è presentata al Bellaria Film Festival, si propone come una vera e propria riscoperta della dimensione sonora. Ritrovarsi in una sala buia, dove sullo schermo compare solo il cartello fisso col titolo dell’opera e i nomi degli autori, e ascoltare voci, suoni e rumori, evoca sì la dimensione radiofonica “serale” di qualche decennio fa, ma si trasforma anche in una sorta di cinema oltre l’immagine. Perché, soprattutto, la qualità audio attuale e il relativo montaggio sonoro sono nettamente superiori al passato, e le voci spiccano per intensità veritiera e altissima definizione. Un’esperienza assolutamente esaltante, da fare preferibilmente ad occhi chiusi. Ne va reso merito in tal senso al Bellaria Film Festival, che si pone come avamposto di una divulgazione d’avanguardia. Restituendo valore, per paradosso, a una forma di narrazione più arcaica e spontanea.