I campi di concentramento come l’inferno sulla Terra nel film di Nemes a Cannes 2015

Saul fia di Laszlo Nemes, in concorso sulla Croisette, racconta il nazismo attraverso un ebreo costretto a eliminare i compagni

20150416saul-fia-cannes-2015Cannes, 14 maggio 2015 – L’orrore del nazismo e dei campi di concentramento non è argomento nuovo, anzi, per il cinema, ma il debuttante nel lungometraggio Laszlo Nemes trova una chiave interessante in Saul fia, in concorso al festival di Cannes 2015. Il film si concentra su Saul, un prigioniero facente parte del Sonderkommando, il dipartimento deputato all’eliminazione fisica dei compagni di prigionia: quando tra i corpi trova un bambino, cerca di dargli un degna sepoltura ebraica, sfidando la morte.
Girato e proiettato in pellicola e in 4/3, con un obiettivo stretto sul protagonista Geza Rohrig che rende tutto il mondo intorno sfocato, Saul fia (Il figlio di Saul) è un dramma oppressivo in cui la prigionia e le costrizioni atroci sono dipinte come un inferno sulla Terra, in cui i personaggi – come i disegni di Maus di Spiegelman – cercano di sopravvivere nascondendosi, scappando, usando ogni luogo e ogni anfratto pur di poter ancora respirare; Nemes, assistente alla regia di un maestro come Bela Tarr, dimostra un grande padronanza del mezzo, utilizzando lunghi piani sequenza, che danno allo spettatore l’impressione di un carcere visivo e dell’orrore che resta fuori fuoco ma vivissimo, perché costringe lo spettatore a ricostruirlo, e non solo a vederlo. Un film spirituale, morale, ma anche disperato e beffardo che è stato molto ben accolto dalla stampa e potrebbe avere qualche chance di entrare nel Palmarès.

EMANUELE RAUCO