“Glauco è il colore dei ghiacciai e camaleo è una crasi di camaleonte che cambia come i flussi dell’acqua. Un respiro del pianeta che continua ad andare avanti tutti i giorni” ci spiega il regista del documentario Glaucocamaleo, presentato in CinemaXXi al Festival Internazionale del Film di Roma.
L’autore utilizza diversi linguaggi per poter sviluppare il progetto: libri, mostre e film. Il doc vuole celebrare la mutevolezza e l’erosione dei confini tra le cose e soprattutto l’elemento principe della mutevolezza: l’acqua nella sua forma solida, cioè il ghiaccio. Trevisani cerca di costruire una realtà tra diversi mondi, alcuni dei quali appaiono allo spettatore come fantascientifici. “Luoghi (dalla Casa Saldarini, simbolo dell’architettura radicale ed organica inserita nella maremma toscana, al ghiacciaio più grande d’Europa presso il passo del Furca, Skagen in Danimarca, dove Mare del Nord e Mar Baltico si incontrano, sino alle spiagge di Newport Beach) che possono parlare del passato e allo stesso tempo comunicare al presente per arrivare al futuro” precisa l’autore che ha già esposto le sue opere e installazioni nei musei più importanti: Maxxi, Roma, Museum of Contemporary Art Tokyo, Daimler Kunstsammlung Berlin, Fondazione Sandretto Torino, solo per ricordarne alcuni.
Glaucocamaleo è un lavoro molto suggestivo anche per quanto riguarda la sperimentazione sonora; rumori, musiche che sembrano trasmettere, con il loro calore, la densità dei luoghi visitati.
Il progetto prende il via da un famoso libro di Kurt Vonnegut del 1961: “Ghiaccio 9″ che era la particella in grado di cristallizzare e congelare istantaneamente l’acqua portandone il punto di fusione a 114 °F.