“Non volevo distaccarmi troppo dal mood del tempo; ecco perchè una musica anni ’70 che accompagna fino ad oggi e un lavoro registico di linguaggi che richiamassero il cinema sperimentale dell’epoca”. Toni D’angelo spiega così, ai nostri microfoni, lo stile dato al suo Filmstudio, mon amour, presentato alla Festa del cinema di Roma.
Tanto il materiale d’archivio messo a disposizione da Armando Leone, oggi gestore della sala (fondata da Americo Sbardella e Annabella Miscuglio) e memoria storica del cinema che dagli anni ’70 è stato “il punto di riferimento per l’avanguardia delle arti” come ricorda Adriano Aprà. Il critico cinematografico poi si sofferma sugli anni della sperimentazione spiegando come quella realtà fosse stata percepita come una bomba atomica caduta dolcemente su una città addormentata (ieri come oggi). A partire dalla sua collocazione, il quartiere Trastevere, tutto del filmstudio parlava di una voltontà di portare un cambiamento, un altro genere di cinema nella capitale. Godard risparmiò del denaro per girare a Roma e donò tre milioni perchè la sala proiettasse “cinema militante”, Moravia e Antonioni si schierarono in prima linea a difesa del cinema quando venne accuso di proiettare film pornografici solo perchè aveva inserito in programmazione la serie di film Erotika del New Cinema Underground, in realtà commissionata dalla Chiesa metodista americana.
Nel doc tornano le immagini e le parole di Bernardo Bertolucci, Michelangelo Antonioni, Glauber Rocha, Fernando Solanas, Pier Paolo Pasolini, Eric Rohmer, Robert Kramer, Straub e Huillet, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini, Dacia Maraini.
Un cinema, storia della cultura di una città e proprio per questo luogo perfetto per Toni D’angelo per iniziare anche una riflessione su come stia cambiando la fruizione cinematografica oggi (Nanni Moretti afferma: “Io ho ancora la curiosità di uscire di casa per andare al cinema” ma quanti hanno ancora alla stessa curiosità?) e come ci sia ancora forte e percepibile, parafrasendo le parole di Goffredo Fofi: “Il senso della necessità dell’arte”.
giovanna barreca