Bari/Santiago. Mare, spazio claustrofobico per Martina (Daniela Ramirez). Santiago, le Ande prigione per Marco (Riccardo Scamarcio). Due spazi che secondo il regista dovrebbero aiutare lo spettatore prima ad enfatizzare con Martina, una ragazza cilena, in Italia per amore di Marco e del loro figliolo. Dopo 7 anni nel nostro Paese la donna è incapace di continuare a vivere a Bari (il marito è avvocato e lei lavora per un’agenzia pubblicitaria), in una realtà economica e sociale che non riesce più ad accetare, a gestire. Poi la vicenda si sopra a Santiago, in Cile e l’enfatizzazione dovrebbe scattare con Marco che vaga disperato per la città. Una Santiago dove Marco ogni volta che volge lo sguardo vede le Ande, montagne presenti e invalicabili come il dramma che sta vivendo non potendo vedere e stare col figlio che ama. Con Riccardo Scamarcio il regista Vincenzo Marra ha lavorato soprattutto su questi due spazi per costruire La prima luce, film presentato oggi alle Giornate degli autori alla 72 esima edizione della Mostra del cinema di Venezia e in sala dal 24 settembre.
Nella caratterizzazione dei personaggi Marra cerca di tenersi lontano dai soliti clichè relazionali tra donna straniera e italiano. Al centro della narrazione semplicemente un amore finito, un figlio conteso, un crescendo inestricabile di paure e di accuse che bloccano i due giovani. Primi e primissimi piani indagano i volti e i comportamenti di questi due animali racchiusi in due diverse gabbie. Identità che hanno amato molto ma che ora si ritrovano ferite ed entrambe innamorate di un figlio che non hanno capito come proteggere dal loro bisogno di fuga.
giovanna barreca