L’uomo che rubò Banksy di
Marco Proserpio al Torino Film festival, ancor prima della fine della Kermesse, aveva già ricevuto il premio Hamilton (partner ufficiale del festival) per “l’opera prima che intreccia con passione e audacia la storia di uno dei più noti street artist contemporanei con uno dei territori più controversi della storia geopolitica mondiale, la Palestina, raccontata secondo la prospettiva inedita di diversi protagonisti e attraverso un linguaggio cinematografico di grande attualità”.
Nella nostra intervista, il regista ci racconta prima di tutto la nascita del film: “La storia ha scelto me quando ho incontrato Walid, il taxista che aveva rimosso un’opera di Banksy per poi venderla su e-bay. Abbiamo da lì iniziato a seguire l’opera e ad interrogarci sulla Palestina in maniera differente, parlando di esseri umani e non solo di vittime e poi dell’arte (commercializzazione della Street Art), di come viene venduta e vissuta oggi”. E prosegue spiegandoci come il suo passato nel mondo del videoclip e la colonna sonora originale, lo abbiano fortemente aiutato a dare il ritmo al film che non ha mai cadute ma tiene costantemente viva la tensione. Il doc assume la forme del trhiller perchè lo spettatore segue le peripezie dell’opera di Bansky che, una volta staccata dal muro, viene portata in giro per l’Europa.
Un documentario dove si incontrano culture diverse, suoni diversi si mescolano per raccontare la realtà della nostra contemporaneità, usando come veicolo “esca” l’opera di Banksy che proprio andando a disegnare in Palestina ha portato i riflettori sulla realtà di quella terra martoriata. E anche per il regista, l’artista inglese diventa solo un modo per parlare della street art, di cosa significhi oggi, di cosa rappresenti e il valore che assume un’opera rimossa o un’opera che viene lasciata dove è stata concepita e creata. Il soldato e l’asino disegnati da Banksy e rimossi hanno anche portato a un’accesa discussione i palestinesi che hanno amato l’opera e in tanti invece l’anno odiata non capendone il senso o la sottile ironia. Nel miscuglio riuscito, molto efficace è la scelta di inserire come voce narrante Iggy Pop, padre putativo del punk.
Il film unisce immagini girate con telecamere HD di ultima generazione, filmati da cellulare quando l’opera è stata rimossa, archivio fotografico e grafica. Quindi anche in questo caso un miscuglio tecnico per un’ottima resa finale anche a rivello stilistico.
giovanna barreca