Il cappellino del protagonista de L’innaffiatore innaffiato dei fratelli Lumière, primo film comico della storia del cinema. La maschera comica di Chaplin che senza la sua bombetta non esisterebbe, il cappello dei “cattivi” nel cinema noir, nelle gangster story. I cappelli di Bogard-Bergman nell’addio di Casablanca di Curtiz. Da oggetto di scena è capace, come dice anche Robert Redford -che per avere il modello di cappello indossato da Marcello Mastroianni in 8 ½ di Federico Fellini andò fino alla Borsalino di Alessandria – di creare un meccanismo di identificazione forte con il personaggio in scena.
“Nel cinema diventa icona e identifica il personaggio, ne crea la silhoutte, la sua immagine. Sul gioco di rappresentazione iconografica il cinema ha tanti esempi in tal senso. Noi stessi abbiamo usato un’ombra cinese con cappello che richiama all’immaginario cinematografica per la nostra voce narrante” precisa la regista Enrica Viola che al Torino Film festival, in Festa Mobile, presenta il documentario Borsalino city.
Partendo dalla lettera di Redford, Enrica Viola entra nell’azienda che Giuseppe Borsalino creò dal nulla nel 1857 per realizzare cappelli e che poi è diventata anche il nome per identificare un modello ben preciso di copricapo: cappello di feltro a fascia larga. La Borsalino creò anche il modello Fedora: cappello di feltro floscio, vera e propria componente fondamentale dell’inquadratura dei cinema noir.
Giuseppe non amava portare i cappelli ma ne creava di nuovi ogni giorno, andava in Australia per abbattere i costi di intermediazione per acquistare il pelo di coniglio, diventava – senza esserne cosciente – il precursore del made in Italy, creando presidi in tutto il mondo già ad inizio secolo: dalla Cina alle Americhe. Una roll royce del cappello creata nella piccola provincia italiana perché l’azienda Borsalino nasce e si sviluppa ad Alessandria. Attraverso ritratti fotografici d’archivio la regista piemontese crea una sorta di favola filmica dove si possono rivivere alcune testimonianze di operai che nel 1957 celebravano il centenario dell’azienda e vivere tutti i risvolti, anche poco piacevoli (uno scontro familiare, la crisi), di questa storia che ha attraversato due secoli d’Italia, quando a Giuseppe sono succeduti gli eredi.
giovanna barreca