Ranucci Bianchi Bandinelli era un antifascista che viene ricordato come uno dei padri dell’archeologia moderna, vista la sua vasta conoscenza della materia. La sua preparazione lo portò nel 1938 ad un incontro che gli cambiò la vita e che raccontò nel libro: “Il viaggio del Fuher in Italia”. Infatti, nonostante le due idee politiche, fu costretto a fare da Cicerone al dittatore tedesco e al Duce per ben 4 giorni. Ma purtroppo – potremmo dire oggi – non credendo nelle azioni individuali, non portò a compimento il suo desiderio di uccidere i due dittatori.
Enrico Caria, regista de L’uomo che non cambiò la storia presentato Fuori Concorso da Venezia 73, congiuntamente con le Giornate degli Autori sfrutta la vena ironica di Ranucci Bianchi Bandinelli e la sua storia tragicomica. Il regista ricostruisce ciò che avvenne come un thriller con Bandinelli che ipotizzava come poter uccidere Mussolini e Hitler in un colpo solo, visto che non veniva controllata la sua uniforme e spesso veniva lasciato solo con i due dittatori.
Come sappiamo, l’attentato non venne mai messo in atto ma tutto il documentario – che si avvale delle immagini di repertorio dell’Istituto Luce e di una parte a fumetti – è giocato su: “come è andata (how did it go?), una delle possibili formule del thriller” precisa il regista.
L’altro elemento sul quale il documentario costruisce il suo discorso filmico è la possibilità di un “visti da vicino”, cioè poter raccontare due figure storiche così note nelle loro immagini più note, da un punto di vista diverso, quello di due turisti come tanti mentre camminano, discutono e battibeccano tra siti archeologici e musei. (E confessiamo che spesso la nostra memoria visiva è tornata alla finzione messa in scena dallo straordinario Chaplin che li raccontò proprio così, rissosi e in continua competizione).
Nella nostra intervista ascolterete il regia parlare di come ha creato la sceneggiatura e come, da focus sul fatto storico, il film si sia poi trasformato anche in una riflessione sul presente.
giovanna barreca