La cultura popolare nipponica – che prima ancora di esprimersi con il cinema e l’audiovisivo si esplica in manga, anime, videogiochi, ecc. – ha una vitalità tale da presentare più di un punto di contatto con la cultura popolare statunitense; per entrambe è cruciale in effetti l’idea del meticciato, dello sguardo rivolto a forme e modelli provenienti da altri paesi e poi “cannibalizzati” e riadattati per il proprio pubblico. Stupisce perciò fino ad un certo punto la balzana e a suo modo geniale idea alla base di Thermae Romae, film diretto da Hideki Takeuchi e tratto dal manga omonimo di Mari Yamazaki che è stato presentato in anteprima mondiale alla 14esima edizione del Far East Film Festival (l’uscita giapponese è prevista per il 28 aprile).
Lucius, interpretato dall’attore giapponese Hiroshi Abe, è un architetto che opera nell’Antica Roma ed è alle prese con una personale crisi d’ispirazione di fronte a un nuovo progetto di terme che gli è stato commissionato. Rifugiatosi sott’acqua in un bagno pubblico per meditare senza essere disturbato dal chiacchiericcio dei suoi concittadini, Lucius si ritrova – per via di un paradosso spazio-temporale – nel Giappone contemporaneo, dove trarrà spunto per nuove formule idraulico/estetiche da presentare al suo imperatore.
Nel gioco di set (Roma-Giappone) e nel confronto tra due culture e due temporalità così differenti, il regista Hideki Takeuchi costruisce una commedia basata sul misunderstanding e sui cortocircuiti mentali ed emotivi. In una delle sequenze più divertenti del film ad esempio, Lucius si ritrova a scoprire l’enorme comodità di un avveniristico water/bidet fino ad abbandonarsi a lacrime di gioia. Ovviamente, siamo nel campo di un cinema comico che punta molto su gag demenziali e in cui ciò che tiene in piedi il tutto è la necessità costante di una nuova trovata, per una tensione all’accumulo a tratti forzata. Trovate che però – va detto – funzionano quasi sempre, grazie ad un gioco di variazioni termali potenzialmente infinito e alla singolare idea alla base del film: condurre al confronto culturale attraverso la necessità – comune a tutte le epoche – di dare dignità ai bisogni corporali. Ed è pur vero però che il film rischia seriamente di deragliare nel momento in cui – invece di continuare a giocare sul tema – si lascia distrarre da poco interessanti dinamiche legate a lotte di potere intestine dell’Antica Roma.
Ciò non toglie che Termae Romae si configuri come un esempio illuminante dell’inventiva e della libertà espressiva del cinema popolare nipponico: un’ennesima lezione per le altre cinematografie, a partire dalla nostra (visto che con la messa in scena in scena dell’antica Roma siamo direttamente chiamati in causa), troppo spesso limitate da una forma di autocensura nei confronti dell’eccesso di originalità.
Interpretato interamente da un cast giapponese (per i ruoli degli antichi romani sono stati scelti attori dai tratti nihonjinbanare, cioè non nipponici) e parzialmente girato a Cinecittà, nel set della serie TV Roma, prodotta dalla HBO, Thermae Romae potrebbe avere le carte in regola anche per un’uscita italiana, magari ad opera proprio della Tucker Film, società legata al Centro Espressioni Cinematografiche di Udine a al Far East stesso.