È pratica assai frequente, soprattutto oltreoceano, realizzare lungometraggi a partire da articoli giornalistici. Lo ha fatto di recente Ben Affleck per Argo, guadagnandosi un meritato premio Oscar, e segue lo stesso percorso, prendendo le mosse da un reportage apparso su “Vanity Fair“, The Bling Ring la nuova attesissima pellicola di Sofia Coppola, presentata in anteprima al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. La vicenda, dal forte potenziale sulla carta, è quella di un gruppo di teenager, quattro ragazze e un ragazzo, appassionati di glamour e soprattutto di vizi e vezzi delle celebrità mediatiche contemporanee, al punto da decidere di fare irruzione nelle loro lussuose magioni prelevandone gioielli, vestiti, borse e scarpe firmate.
Sospeso tra mitomania e feticismo, il comportamento compulsivo di questi adolescenti annoiati e desiderosi di apparire è dunque sulla carta il materiale perfetto per una regista dallo stile sempre vistosamente pop (l’apice nella sua filmografia in tal senso è Marie Antoinette) e attenta ai tormenti dell’età inquieta (Il giardino delle vergini suicide). La Coppola però non prende la direzione teorica scelta mirabilmente dallo Spring Breakers di Harmony Korine e preferisce piuttosto appoggiarsi ai codici reportistici, senza mai andare a fondo nella sua indagine, lasciando dunque che The Bling Ring si configuri come una pellicola di superficie su un universo giovanile che fa dell’esteriorità la sua ragione di vita. La diretta conseguenza di queste scelte è che il discorso di fondo sulla società dell’immagine perde presto di mordente e il film finisce per esaltare e avvalorare proprio l’oggetto della sua satira. Nonostante dunque le splendide immagini fotografate da Harris Savides (direttore della fotografia scomparso nel corso delle riprese e a cui la pellicola è dedicata), il casting accurato (c’è anche l’ex diva di Harry Potter Emma Watson) e l’accurata selezione musicale che contraddistingue tutte le sortite della regista (che qui giustamente dall’abituale indie rock, passa alle sonorità hip hop più in voga tra i giovani), The Bling Ring non decolla, inanellando una serie di sequenze ripetitive che vanno dalle effrazioni nelle ville dei famosi a squarci di vita familiare più o meno grottesca a brevi incursioni nell’ambiente scolastico. Il tutto intervallato da interviste relative alla fase processuale che coinvolgerà i protagonisti alla fine della loro avventura.
Emerge qua e là un discorso sulla fine di un grande mito americano, quello della casa e della sua inviolabilità, ma di certo che Paris Hilton nasconda la chiave di casa sotto lo zerbino, per quanto possa essere magari anche vero, risulta per forza di cose inverosimile, così come il fatto che gli abitanti di Los Angeles possano lasciare le loro auto aperte con magari riposti nel cruscotti i portafogli rigonfi. Resta comunque a The Bling Ring il merito di raccontare quanto possa essere dura l’adolescenza in una realtà contemporanea malata di social network, dove tutti sanno tutto di chiunque e l’identità di una persona è riconoscibile dal tipo di shopping che pratica, ma questo universo è già, purtroppo, entrato nelle nostre case attraverso i reality adolescenziali di Mtv.
DARIA POMPONIO