Giochi da spiaggia, magliette bianche bagnate che fanno trasparire la forma di corpi di ragazzine che devono ancora diventare donne. Una calda giornata d’estate e tante risate. Con questa scena immersa nella luce inizia Mustang di Deniz Gamze Ergüven, presentato in Quinzaine e oggi ad Alice nella città alla Festa del Cinema di Roma, candidato agli Oscar per la Francia e al cinema dal 29 ottobre per Luchy red.
Ben presto quel gioco infantile in una Turchia che ancora reprime la libertà delle donne (e son solo) verrà severamente punito. Prima le 5 sorelle vengono rinchiuse in una casa che diventa sempre più una prigione con grate alle finestre e cancelli invalicabili, costrette a test di verginità e a matrimoni combinati con ragazzi che neppure conoscono. In Turchia la donna non può scegliere. La voce narrante è quella della sorella minore che, presa consapevolezza, dirà no.
Deniz Gamze Ergüven anche nella nostra intervista ci racconta come tutto ciò che narra nel film sia realmente accaduto, se non a lei direttamente come la scena iniziale, a ragazze che ha conosciute e delle quali è negata un’adolescenza spensierata. Nel film questa repressione è presente dall’inizio alla fine ma, come facciamo notare anche alla regista, l’opera – partendo dalle scelte stilistiche: una luce che non abbandona mai le protagoniste, la location, una casa di campagna attorniata da una natura ribelle – è intriso di speranza, di un senso di libertà e di ribellione che vincerà su tutto. Non a caso l’autrice, alla sua opera prima, ha intitolato il film Mustang, nome di un razza di cavalli selvaggi e liberi.
giovanna barreca