Un’edizione con meno titoli ma con maggior qualità complessiva. Così è stata annunciata nelle scorse settimane la 69esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia che si terrà dal 29 agosto all’8 settembre in laguna. Dopo l’ottima e aggressiva direzione di Marco Müller (2004-2011), Alberto Barbera – che torna alla guida del festival già diretto nel trienno 1999-2001 – ha operato delle scelte radicali, riducendo per l’appunto il programma e tagliando delle sezioni (Controcampo Italiano), ed è di fronte alla sfida forse più impegnativa della sua carriera: tenere alta la bandiera del festival più antico al mondo in uno spazio, come quello del Lido, che sconta una più che decennale carenza di strutture e, al tempo stesso, difendere il titolo di festival più importante in Italia (e secondo/terzo in Europa) dall’assalto di più giovani e agguerrite realtà (tra cui lo stesso Festival di Roma che, proprio con Müller, si appresta ad assaltare il fortino).
Stando al programma, le premesse sono buone, in particolare per quel che riguarda il concorso. È nella sezione principale del festival infatti che – giustamente – Barbera ha concentrato tutte le energie, sue e dei suoi collaboratori, per offrire una kermesse capace di riempire le pagine dei giornali internazionali: The Master di Paul Thomas Anderson (colpo dell’ultim’ora), To the Wonder di Terrence Malick, il ritorno di Brian De Palma con Passion, il ritorno – attesissimo – di Harmony Korine con Spring Breakers, un altro ritorno molto atteso quello di Kim Ki-Duk con Pietà, il film sul ’68 di Assayas (Aprés mai). Insomma, quanto di meglio può offrire attualmente il panorama del cinema mondiale. E, oltre a Bella addormentata di Bellocchio, il cui peso a livello internazionale è indiscutibile, sembra di poter prevedere anche un parterre di film italiani di buon livello, dagli altri due film in concorso (È stato il figlio di Ciprì e Un giorno speciale di Francesca Comencini), a titoli proposti nelle sezioni parallele che vanno dall’esordio alla regia di Lo Cascio (La città ideale ne La Settimana della Critica) alla nuova opera di un autore ingiustamente sottovalutato come Ivano De Matteo (Gli equilibristi in Orizzonti).
Dare il giusto e centrale rilievo al concorso permetterà molto probabilmente di nascondere alcune debolezze, inevitabili nella prima annata di un neo-direttore, come appare essere la sezione Orizzonti (apparentemente troppo omologata rispetto alla sua “mission” di ricerca) e quella del Fuori Concorso che, accanto a opere di registi giganteschi (De Oliveira con O Gebo e a Sombra) e/o di riconosciuta classe (Robert Redford, che porta The Company You Keep) appare a prima vista troppo disomogenea, quasi riempitiva.
E se, al contrario, sembra di poter giudicare ottima la scelta di puntare sul “classico”, dalla retrospettiva Venezia 80, dedicata a film rari che hanno partecipato negli anni alla Mostra, alla sezione Venezia Classici che presenta opere restaurate e documentari sul cinema, di ottimo livello sembrano essere anche le sezioni collaterali del festival, da La settimana della critica a, in particolare, Le giornate degli autori, il cui programma è tanto ricco da far pensare quasi a un festival nel festival e in cui il titolo che ispira maggior curiosità sembra essere proprio un italiano, il cartone animato Pinocchio di Enzo D’Alò. Intorno, a far da corollario, Barbera prova – forse per la prima volta nella storia della manifestazione lagunare – a investire sul mercato, cercando di recuperare il tempo perduto con altri festival.
Insomma, seppure con una più ristretta rosa di titoli di cartello, la 69esima edizione della Mostra di Venezia permetterà comunque di “perdersi”, a chi lo voglia, nell’affascinante labirinto di una programmazione stimolante e ricca.