L’Auditorium Parco della Musica, sede da 7 anni del Festival Internazionale del Film di Roma, nasce, come indica il suo appellativo, per dare una casa alle sette note. Pare quindi naturale che nel corso della manifestazione siano risuonate più o meno poderose le note delle colonne sonore dei film presentati. E a farla da padrona, tanto nelle premiazioni quanto nella musica, è l’Italia.
Escluso il lavoro pregevole dell’ormai onnipresente Alexandre Desplat per Le 5 leggende, le colonne sonore più interessanti vengono dal cinema di casa nostra, non a caso molto più premiato (con annesse polemiche) del solito. Per esempio Cosimo e Nicole, vincitore della sezione Prospettive Italia, che accompagna coi suoni onirici di Francesco Cerasi e la forza del migliore rock alternativo italiano una storia d’amore intensa, venata di politica: Sonica dei Marlene Kuntz, Il suicidio del Samurai dei Verdena e Quello che non c’è degli Afterhours basterebbero soli a sancire uno sguardo diverso dal panorama nostrano.
Altra notevole sorpresa è Razzabastarda, esordio registico di Alessandro Gassman che sfrutta il pulsante talento di Pivio e Aldo De Scalzi per descrivere una città degradata, devastata anche e soprattutto esteticamente, ma che cerca di reagire con una vitalità che le note elettroniche, ricche di bassi, dei due compositori sanno seguire; unica nota stonata, la canzone di Francesco Renga sui titoli di coda, fosse solo perché la voce del cantante non si sposa con l’atmosfera.
Ma la vera sorpresa, relativa per gli appassionati, è Marco Robino, compositore ed esecutore coi suoi Architorti della splendida musica che accompagna Goltzius and the Pelican Company di Peter Greenaway, rilettura e rielaborazione di classici cinquecenteschi resi drammatici dall’ensemble che ha anche suonato live al MaXXI durante la presentazione del film. Un’esperienza unica, testimonianza di come la musica e il cinema possano, oseremmo dire debbano, viaggiare assieme anche in senso spettacolare.