“La storia mi ha trovata. Mi sono innamorata della scrittura della poetessa-scrittrice Mariella Mehr, sono andata a cercarla in Svizzera e ciò che mi raccontava su quello che viene definito il genocidio svizzero, unito al fatto che non ci sono testimonianze – oltre a quelle dei sopravvissuti come lei – era così orribile e difficile che ho pensato che il mezzo della finzione mi assicurasse la possibilità di far arrivare questa storia a più persone. E poi non volevo inchiodare un’altra volta Mariella in una testimonianza ma desideravo che la sua storia rivivesse con un linguaggio e una forza diversa” dichiara ai nostri microfoni Valentina Pedicini, che con Dove cadono le ombre ha realizzato il suo primo film di finzione. Nel progetto ha creduto Domenico Procacci che figura come produttore – con Rai cinema – e la sua Fandango distribuzione porterà il film nelle sale dal 6 settembre e la Fandango libri dal 2018 stamperà per l’Italia i romanzi di Marinella Mehr che compongono la trilogia definita della violenza.
Dai libri alla storia di finzione di Pedicini l’intento è quello di raccontare l’anima di migliaia di bambini jenisch sottratti alle loro famiglie tra il 1926 e il 1986 per sottoporli a esperimenti di eugenetica per sradicare il nomadismo.
L’atrocità perpetrato sui corpi e menti di giovani vite viene raccontata nel film attraverso le figure di Anna e Hans, ormai adulti sopravvissuti che vivono ancora nell’ospedale dove avevano subito le violenze e oggi trasformato in casa di riposo per anziani.La ragazza è un’infermiera e Hans, sottoposto da bambino agli esperimenti scientifici che lo hanno privato della sua possibilità di svilupparsi intellettualmente, segue Anna nel suo intento di ritrovare nel giardino i corpi dei compagni, soprattutto della sua migliore amica.
Sono adulti ma i loro corpi, in ogni inquadratura, ci racontano come siano rimasti congelati nel passato. La regista parla di gabbia, all’interno della quale un giorno ritorna l’aguzzina, ormai anziana bisognosa d’assistenza: la dottoressa (Elena Cotta) che eseguiva le violenze sui bambini e che per Anna aveva uno sguardo e attenzioni diverse.
La tensione psicologica che viene percepita dallo spettatore durante l’intera pellicola è molto forte e così abbiamo deciso di indagare e porre diverse domande su quest’aspetto e sul rapporto dei corpi nello spazio del set.
giovanna barreca