Dalla nostra inviata LIA COLUCCI
La britannica Andrea Arnold porta in competizione alla manifestazione veneziana uno dei libri più letti della letteratura post-romantica inglese, Wuthering Heights (Cime Tempestose). Se è vero che si tratta dell’unica opera di Emily Bronte, lo stesso non si può dire per le versioni cinematografiche del romanzo viste in passato. Sicuramente la pellicola più famosa è il classico hollywoodiano diretto da William Wyler nel 1939 con la splendida partecipazione di Laurence Olivier e Merle Oberon Premio Oscar per il Miglior Film; quindi la versione irriverente ispano-cattolica dal magico tocco surreale di Luis Bunuel nel 1954 Asbismos de Passion, sino ai più timidi tentativi nel 1985 (Hurlevent) di Jacques Rivette a quello nipponico di Yoshida del 1988. In mezzo a cotanto clamore la regista ha scelto la via francescana. Nel riproporre Wuthering Heights ha proletarizzato la famiglia di Catherine, da benestanti a poveri contadini, ha trasformato il colore della pelle di Heathcliff (qui nero) per condurre ad una sorta di scontro razziale. E non paga del conflitto bicolore, ha eliminato le musiche dando libera voce alla natura. Natura imponente, quella dello Yorkshire del Sud, dove veniamo sottoposti dalla novella aspirante Malick in gonnella a brughiere inquadrate in tutte le salse, alberi di ogni tipo, distese annebbiate, assolate o anche infangate, pappagalletti e cani: in tutto senza un suono.
Ma il meglio come al solito arriva sempre alla fine, dove la nostra eroina con la macchina da presa, tra lo sgomento degli astanti, tronca il film proprio nel cuore del libro, e poi precisa che non farà un sequel anche se la storia s’interrompe improvvisamente non dove la sorella di Emily curò la prima edizione nel 1847, ma dove il produttore dell’Ecosse Films Robert Berstein per problemi di natura economica, umorale o di tempi stabiliti, ha deciso di rendere monca. Così muore solo Cathy e Heathcliff resta solo soletto in un finale capitalistico in cui si compra tutte le proprietà dell’amata. Pretenzioso e incomprensibile.