Diario del 13 febbraio dalla 61. Berlinale
(Dalla nostra inviata Lia Colucci)
14/02/11 – La quarta giornata del Festival di Berlino si è aperta con il delizioso film di animazione, in Concorso, Tales of Night in 3D, scritto e diretto da Michel Ocelot. L’animatore parigino da sempre amante del genere è riuscito a mostrare una pellicola favola armonica e fantasiosa. In uno studio apparentemente abbandonato della capitale francese, ogni notte due ragazzi e un vecchio tecnico mettono in scena racconti e storie incredibili: città fatte di oro dove il giovane innamorato salva la principessa destinata al sacrificio e offerta al drago cattivo, oppure il ragazzo africano che riesce a combattere la morte e la guerra grazie alla sua bravura con il bongo, e ancora il vero amore di un ragazzo che strappa il cuore all’adorato cavallo del suo sovrano pur di curare la fanciulla di cui è innamorato, o due sorelle, una malvagia e una buona, entrambe innamorate di un uomo che si trasforma in lupo… Queste ed altre ancora sono le loro fiabe, che lambiscono ogni parte del mondo e che colpiscono per la loro semplicità e la loro tradizionale poesia. Così come colpisce l’animazione aggraziata, gentile ma di grandissima qualità.
Ma tutta l’attenzione della stampa e del Festival, oggi, è stata per lui: Wim Wenders, Fuori Concorso, con la sua Pina. Il ritratto in 3D della grande coreografa tedesca Pina Bausch morta a soli 69 anni nel 2009 di cancro. Il regista salta completamente la parte biografica della grande artista ed estromette anche le sue radici espressioniste per concentrasi esclusivamente sulla sua opera, su quello che lei voleva davvero rappresentare. Attraverso il 3D ha raggiunto un effetto estetizzante assolutamente straordinario rimettendo in scena, con il Tanztheater (il Teatro della Bausch e dei suoi collaboratori), i suoi lavori più importanti: Cafè Muler, forse il più famoso, Le Sacre du Printemps, Kontakthof e Vollmond. L’effetto è straordinario ed elettrizzante, vi si legge tutto il senso di innovazione della Bausch: un mondo in movimento fatto di durezza, crudeltà e dolcezza. Dove ogni elemento della natura diventa parte della vita stessa e della danza che è vita al massimo dei livelli: quello che non conosce la menzogna. Ogni luogo, per lei, soprattutto fuori dal teatro, è fatto per ballare, per esprimere se stessi nella propria autenticità. Non importa che sia una strada, la metropolitana, una fabbrica o una semplice piscina pubblica: anche lì è possibile che il gesto diventi parte del tutto che forse a noi sfugge ma che esiste. In queste riprese, complice anche il 3D, Wenders è un vero maestro e ci regala un universo fatto di immagini straordinarie che dipingono un ritratto assolutamente affascinante.
Pina faceva del suo corpo il mondo, divenendo terrigna e basica al momento giusto e cercava di trasmettere queste sue capacità sia al pubblico che ai propri collaboratori. Le molte testimonianze di chi le è stato accanto e ha ballato per lei narrano proprio questo: il bisogno assoluto di mettersi a nudo e di mostrare le proprie fragilità per raggiungere la perfezione. Perfezione che Pina non ha mai smesso di cercare. Wenders, a parte qualche piccolo cimelio di repertorio, ha escluso la Pina in carne e ossa con il suo passato, i ricordi, una possibile famiglia, e ne ha solo celebrato il mito dedicando il film: a lei, Pina e anche a noi che avendola amata, attraverso i suoi lavori, la terremo dentro per sempre. Certo questo film è assolutamente inadatto a chi non ama la danza, perché anche una regia meravigliosa e una coreografa eccezionale non possono far sopportare 140 minuti di balletto anche se è arte allo stato puro.
Intanto passeggiando qua e la per il Festival siamo incappati in un film ceco esilarante e con sceneggiatura piuttosto originale, inserito nella sezione Forum: Matchmaking Mayor. La storia assolutamente surreale narra le gesta di un sindaco di un paesino slovacco che, odiato da tutti i suoi compaesani, decide di far risalire la propria immagine. E lo fa nella maniera più prevedibile, da una parte, cercando di rinforzare la scarsissima squadra di calcio locale, e con una particolarmente ironica offrendo soldi e vari benefits a quella generazione di trentenni che avranno la buona volontà di sposarsi e aver figli. E ovvio che tutte queste proposte vengono annunciate via microfono inondando della sua voce tutto il Paese, Orwell docet. Per meglio pianificare i futuri matrimoni viene organizzata una grande festa che si dimostra un ritrovo ridicolo e deludente, così come sono assolutamente disastrosi i premi distribuiti alla fine. Insomma la squadra di casa continua a perdere e nessuno si accasa: questo è l’epilogo sconsolante, ma il sindaco se la prende ancora una volta con Dio che è sempre il solito pasticcione nonchè impreciso. Una pellicola inaspettata e ironica, sorretta da una regia piuttosto rigorosa che regala momenti di vero buon umore.
A concludere la giornata un interessante documentario Fuori Concorso, Cave of Forgotten Dreams, scritto diretto e narrato da uno dei grandi maestri del cinema tedesco Werner Herzog. La storia muove dalla rinvenuta grotta di Chauvet, trovata in Francia nel 1994 e considerata una delle più grandi scoperte scientifiche al mondo. Da allora molti registi si sono fatti avanti per riprendere le sue intime bellezze, ma solo il maestoso Herzog ce l’ha fatta, diventando un impiegato del Ministero della Cultura Francese e proponendosi per un euro al giorno escluse le tasse. Le sue riprese sono magnifiche: attraverso l’uso del 3D cattura le magnificienze della caverna in tutto il suo fascino e il suo mistero. All’interno gli uomini primitivi avevano disegnato cavalli, leoni e bufali a un’altezza a dir proco sconcertante. Come ci sono arrivati? Quali erano i segreti della loro pittura? Il cineasta lascia ogni domanda in sospeso e lascia parlare le immagini della grotta dove, tra stalattiti e stalagmiti, ogni tanto si imbatte in curiosi disegni perfettamente delineati, in fossili e impronte. La macchina da presa agisce in silenzio come l’occhio umano, mostrando anche un’antica spiritualità con sguardo attento e attonito. Un documento importantissimo, visto che non sapremo mai quanto potranno durare queste opere così fragili una volta portate alla luce. Herzog, da sempre appassionato di archeologia è ancora entusiasta dell’impresa e ha dichiarato che ha imparato più dalla Cave Chauvet in sei mesi che da qualsiasi libro possa mai leggere.