Dopo Piombo fuso, torna nella sezione Italiana.doc Stefano Savona con il film “Spezzacatene”
(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)
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04/12/10 – Presentato nella sezione competitiva Italiana.doc al 28° Torino Film Festival, Spezzacatene di Stefano Savona è un film dal rigore visivo e morale assolutamente raro. La necessità del film la si respira già nella messa in scena che prevede degli strettissimi primi piani sui volti di anziani contadini siciliani, lasciati liberi di raccontare il loro passato e le loro memorie, secondo il particolare filo narrativo da loro adottato. Eccola infatti la precisa urgenza di Savona nel girare Spezzacatene: far parlare quei contadini siciliani, oggi ultraottantenni, che si sono formati in un periodo storico in cui la lingua conformistica televisiva non aveva ancora “deturpato” le capacità di racconto. È un progetto di salvaguardia della memoria quello di cui si è incaricato il regista siciliano; infatti, grazie al sostegno della Regione Sicilia, il lavoro va ben oltre il singolo Spezzacatene, prospettandosi una sorta di archivio audiovisivo in cui custodire questi ricordi registrati.
Eppure lo stesso Spezzacatene ha una sua unità innegabile, data dalla parola: senza dimenticare l’osservazione partecipata che fa di volti e lineamenti (l’idea del volto come paesaggio), il film di Savona è uno studio fatto intorno alle modalità di racconto orali purtroppo destinate a scomparire. In tal senso ha un ruolo cruciale l’ultimo episodio ad essere narrato nel documentario: la storia paradossale e “magica” del ragazzo che incontra il Signore sotto umane sembianze ricevendo come dono tre cani (uno dei tre si chiama per l’appunto Spezzacatene). Una parabola sulla liberazione dalla povertà ma anche sulla solitudine che porta con sé la ricchezza, e dunque capace di rispecchiare perfettamente la mentalità contadina fatta di ironia e disillusione.
Quel che in ultimo sorprende è la lucidità dei narratori, capaci allo stesso tempo di lanciarsi in lunghe divagazioni (che danno “colore” e vivacità alla storia) così come di non perdere mai il filo del discorso. Ciò significa che la forma intervista ha un suo senso e una sua precisa e coerente dinamica, cosa non tanto frequente nel panorama del documentario italiano.