Hereafter: il viaggio, anche musicale, di Clint Eastwood nell’aldilà
(Rubrica a cura di Emanuele Rauco)
19/01/11 – Clint Eastwood è uno dei non molti registi della storia del cinema che, oltre a curare la parte visiva dei suoi film, ne cura anche quella musicale, come Charlie Chaplin, John Carpenter, Robert Rodriguez. Eastwood, appassionato pianista e amante del jazz, riempie anche il suo nuovo film Hereafter delle sue delicate note, accompagnando personaggi e spettatore in un viaggio nei possibili aldilà.
Per questa sua nuova fatica, il compositore non cambia sostanzialmente metodo operativo: un tema semplice e melodico variato nelle armonie, nelle atmosfere, negli arrangiamenti (sempre scabri, preferendo piano e archi, con qualche accenno di fiati), guardando al lato malinconico di Ennio Morricone ma con un gusto dolente in più, che si diffonde graduale nelle brevi tracce della partitura.
L’apertura, affidata a una chitarra solista, anticipa alcuni motivi della colonna sonora e introduce a un tono che prima di farsi riconoscere dovrà passare attraverso la tensione di Tsunami che si distende nel clarinetto di Embrace, che mostra il nucleo tematico dello score. Eastwood segue i suoi personaggi con delicatezza, li accarezza con brani quali Marie Back Home, Sad George, Jason’s Ashes per poi porli di fronte ai loro dubbi, come nella centrale (e più orchestrale) Talk of the Hereafter. E li conduce verso le loro scelte e le possibilità di nuove vite, come in Without a Partner, Used to Be Happy e A Letter to Marie, fino al delicatissimo e sospeso finale di Marie and George. Eastwood ricama finemente un tessuto all’apparenza facile, non cerca effetti strumentali o pathos – come in alcuni suoi precedenti film – ma lascia che la colonna sonora faccia da spirito guida al film, ai personaggi e allo spettatore: una bella metafora per quell’aldilà che sempre più sembra un testamento d’autore.