127 ore: il ritmo e le pulsazioni del movimento statico di Rahman
(Rubrica a cura di Emanuele Rauco)
09/03/11 – Dopo l’Oscar vinto due anni fa con The Millionaire, il compositore indiano A.R.Rahman torna a collaborare con Danny Boyle per la colonna sonora del suo nuovo film, 127 ore, che racconta la drammatica storia vera di un escursionista rimasto incastrato per più di cinque giorni da una roccia, conquistando nuovamente la nomination al premio più importante del cinema.
Ovviamente si tratta di un lavoro molto diverso da quello fatto per il film stile Bollywood, che però va più a fondo nella capacità compositiva ed espressiva del suo autore: suoni elettronici prossimi alla tecno e armonie orientali, ritmi funk a sposarsi con melodie orchestrali per ricreare il frenetico movimento di un film che fa di tutto per ribaltare la staticità del suo assunto. L’apertura di Never Hear Surf Music Again porta subito l’ascoltatore/spettatore in un mondo fatto di beat ballabili e infiltrazioni elettroniche, equilibrate subito dalla classica melodia di The Canyon; l’acustica ed evocativa Touch of the Sun lascia spazio al basso black di Lovely Day di Bill Whiters e alla sorprendente “irruzione” del Notturno di Chopin. E sul finire, l’incubo sonoro di R.I.P. si apre alla rockeggiante tensione di Liberation per chiudersi con l’evocazione vocale di If I Rise.
Rahman, seppur ancora vincolato da schemi compositivi, si svincola dalla furbizia esotica dello score che l’ha reso famoso nel mondo e affina il suo rapporto con le immagini di Boyle, regalando una partitura matura e interessante.