Parola al Cinema – Uno sguardo sulla sceneggiatura
The Tourist di Florian Henckel von Donnersmarck: racconto “mondano” e totalmente stonato, che non riesce nemmeno a essere “cinema di genere”
(Rubrica a cura di Massimiliano Schiavoni)
31/12/10 – Brutto, davvero brutto scivolone The Tourist, che coinvolge una squadra di professionisti di tutto rispetto. Von Donnersmarck, non dimentichiamolo, è un premio Oscar (per Le vite degli altri), e premio Oscar sono pure gli sceneggiatori Christopher McQuarrie (per I soliti sospetti) e Julian Fellowes (per Gosford Park). E’ pur vero che la produzione ha incontrato numerose traversie, tra andirivieni in sede di regia e anche davanti alla macchina da presa. Ma comunque sia andata, resta il fatto che The Tourist è uno di quegli scivoloni rovinosi che fa male, soprattutto per il nostro beniamino Johnny Depp, che continuiamo ad amare quale attore mai (finora) banale. E fa male, anche, perché il soggetto è buonissimo, e si esce dalla visione domandandosi cosa mai ne sarebbe potuto uscire se affidato a mani e progetti più solidi.
Nonostante le grandi firme chiamate a raccolta in sede di sceneggiatura, il difetto principale sta tutto nell’incerta scrittura. In soldoni, si tratta di una spy-story di alto profilo mondano, ambientato tra setting lussuosi e personaggi al di sopra di ogni possibilità umana, che si radica in uno dei maggiori archetipi hitchcockiani: lo scambio di persona. L’intreccio e le motivazioni dei personaggi si mantengono anche saggiamente elementari: tutto ruota intorno a un furto di denaro ai danni di un terribile gangster, e alla faccia mai vista e invedibile del furfante che se n’è fuggito col malloppo. Costruzione narrativa elementare e “artigianale”, che presupporrebbe, però, uno sviluppo fondato sulla vera suspense, magari ottenuta tramite strumenti specificamente cinematografici utilizzati in modo essenziale ed efficace, come il montaggio, visivo e sonoro.
Ma, ahimè, di suspense nel film non ce n’è. Mai. Così come non si può credere a un solo sviluppo dei personaggi. Nel cinema di genere la sospensione di credulità richiesta allo spettatore è notevole, e tuttavia siamo sempre disposti ad accordarla, a patto però che si rispettino le minime regole di una pur eccentrica verosimiglianza. E allora, come possiamo esimerci da risa sbellicate quando il malcapitato turista si fa trascinare all’Hotel Danieli di Venezia in meno di dieci minuti, senza alcuna reale motivazione se non il fascino (?) di Angelina Jolie? Come possiamo credere al personaggio della stessa Jolie, che si muove dall’inizio alla fine tirata a lucido come per una serata di gala, anche quando a passeggio per Venezia? In ultimo, e più grave, la sorpresina finale “a ribaltamento”, canone ormai abusatissimo dal cinema americano di genere, stavolta è totalmente gratuita e incoerente. Perché, a rileggere la storia a ritroso, non torna praticamente più nulla. Potevamo aspettarcelo da McQuarrie, famosissimo per il cristallino finale di I soliti sospetti (qui palesemente autocitato), ma al contempo l’occasione è davvero infelice. Perché per suggellare l’opera con un marchio di fabbrica “ad ogni costo”, condanna l’opera stessa alla somma stupideria.
E dire che Venezia poteva essere davvero la cornice perfetta per un racconto simile. Il fallimento più grande, per The Tourist, risiede proprio in questo, ovvero nell’incapacità di aderire alle minime regole di grammatica narrativa che presuppongono anche a un onesto, brillante, avvincente film di genere. Nient’altro che glamour, per gli americani che Venezia l’hanno vista solo in foto, o in tv.