(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)
21/02/10 – Permettere a “Bal” (“Miele”), film simbolo di una nuova narrazione, di un nuovo stile (rappresentato in Italia solo da “La bocca del lupo” di Pietro Marcello che a Berlino continua a far incetta di premi: il Caligari della sezione Forum e il Teddy award riservato al cinema con tematiche omosessuali) che racconta l’oggi, la verità oltre il tempo, la durezza, la paura e la poesia, di vincere l’edizione (simbolo) numero 60 del film festival di Berlino è stato un segno importante dato da Werner Herzog, presidente di giuria. Nel film del regista turco Semith Kaplanoglu, ambientato nella foresta dell’Anatolia, basta pensare a come il padre del bimbo protagonista si muove nel bosco (unico il movimento di machina iniziale del film con in primo piano asino e uomo) o ai rari istanti di grande intensità vissuti insieme da padre e figlio ‘persi’ nella natura incontaminata alla ricerca-gioco delle erbe e dei loro nomi, per cogliere l’originalità del canto di una natura che – a differenza per esempio di quella raccontata da Olmi ne “Il segreto del bosco vecchio” – non è meravigliosa ma è incontaminata, silenziosa e a rischio. Non a caso, il regista presente a Berlino con il suo piccolo protagonista, Bora Altas, denuncia che le zone dove hanno girato potrebbero essere distrutte dall’imminente costruzione di una centrale elettrica. Ma il film, come il capolavoro citato dell’autore italiano (utilizzando le parole del 1993 dello stesso Olmi): “ci aiuta a guardare al mondo con la limpida – e cruda, aggiungiamo noi – innocenza dell’infanzia”. L’infanzia del piccolo Yusuf.
“Bal” è il terzo episodio della trilogia che il regista Semith Kaplanoglu ha potuto presentare nei festival più importanti: il primo episodio “Uovo”,venne mostrato alla Quinzaine di Cannes, “Latte” a Venezia. “If I want to whistle, I whisle” del rumeno Florin Serban (alla sua opera prima), storia di un giovane carcerato che prende in ostaggio una giovane assistente sociale, si aggiudica il Gran premio della giuria e il Premio Alfred Bauer per la pellicola più innovativa. Anche qui è stato premiato un lavoro, per altri versi sperimentale, dove protagonisti sono attori non professionisti e per la maggior parte detenuti. Polansky invece ha portato alla Berlinale, un ottimo film (la cui post-produzione è stata terminata quando il regista-attore era agli arresti in Svizzera) che si aggiudica il meritato premio per la miglior regia. E il premio a Polanski, come il mancato premio a “The hunter” dell’iraniano Rafi Pitts, ci dimostrato che Herzog, a differenza di quanto è accaduto a Venezia e in altre kermesse, ha fatto in modo che non fosse scelto un film importante solo per il suo messaggio politico. Ha fatto vincere i film e il cinema e non i messaggi che le pellicole contengono.
Il premio come miglior attrice è stato assegnato, meritatamente, a Shinobu Teraijima per il meraviglioso ruolo in “Caterpillar” che è il miglior manifesto contro le guerre mai visto e che purtroppo non circuiterà molto nelle scuole (farebbe tanto bene alle nuove generazioni) per la mentalità un po’ bigotta su quello che è lecito o non lecito mostrare in orario scolastico. Se potessimo permetterci un appunto, siamo rammaricati solo che dal palmares siano rimasti completamente fuori “On the path” di Jasmila Zbanic e “Puzzle” dell’argentina Natalia Smirnoff, che abbiamo molto amato. Sicuramente avremmo apprezzato un ex-equo per le protagoniste femminili. Molti critici (era il film più votato dalla giuria di giornalisti di Screen)hanno poi definito “How I ended this summer” (Come ho passato l’estate) del russo Alexei Popogrebsky il film più herzoghiano del concorso. Non siamo completamente d’accordo con questa definizione anche perché abbiamo piuttosto sofferto la narrazione e la regia troppo tradizionali e poco convincenti. Un altro ritmo e 20’minuti in meno avrebbero sicuramnete giovato ad una pellicola che viene premiata per le interpretazioni dei suoi due attori protagonisti: Grigori Dobrygin e Sergei Puskepalis. Ma in un festival dove abbiamo visto (in concorso, fuori concorso e in forum) solo un film che ci invitava a lasciare la sala dopo i suoi primi 30 minuti, e ci riferiamo al televisivo “Jew suss” di Oskar Roehler, era davvero difficile scegliere cosa premiare.
Come abbiamo già scritto, in questa nostra prima avventura al secondo festival più importante al mondo, il nostro personale Orso d’oro va alla città di Belino, ai suoi abitanti che alle 8 del mattino a Postdamer strasse, creavano un serpentone umano lunghissimo per ritirare i biglietti per tutte le proiezioni, che affollavano con gioia le sale (una volta abbiamo recuperato un film in concorso alle ore 15 di un lunedì pomeriggio e la sala decentrata di Friendrichstadtpalast era stracolma), ai suoi trasporti, puliti, sicuri e disponibili a tutte le ore del giorno e della notte (ogni linea della metro ha mezzi che passano ad un intervallo di pochi minuti). Al suo pubblico in sala che partecipa a volte con risate addirittura sguaiate che non ci si aspetterebbe nella composta capitale tedesca. Un popolo, come ha ricordato Wang Quan’an, vincitore con “Apart together” della migliore sceneggiatura, “che ha dovuto vivere separto” ma che ora trova momenti meravigliosamente interessanti e arricchenti di crescita e di condivisione. Fa tristezza tornare in Italia e aprire i giornali per scoprire che invece la vita culturale dei miei concittadini è ferma davanti ad un elettrodomestico che li lobotomizza con Sanremo e le sue canzonette.
Orso d’oro per il Miglior Film:
“Bal” (Honey) di Semih Kaplanoglu
Orso d’argento – Gran Premio della Giuria:
“Eu cand vreau sa fluier, fluier” (If I Want To Whistle, I Whistle) di Florin Serban
Orso d’Argento – Miglior Regia:
Roman Polanski per “The Ghost Writer” (The Ghost Writer)
Orso d’Argento – Miglior Attrice:
Shinobu Terajima in “Caterpillar” (Caterpillar) di Koji Wakamatsu
Orso d’Argento – Miglior Attore:
Grigori Dobrygin per “Kak ya provel etim letom” (How I Ended This Summer) di Alexei Popogrebsky
ex aequo
Sergei Puskepalis per “Kak ya provel etim letom” (How I Ended This Summer) di Alexei Popogrebsky
Orso d’Argento – Outstanding Artistic Achievement in the Category Camera
Pavel Kostomarov per the camera in “Kak ya provel etim letom” (How I Ended This Summer) di Alexei Popogrebsky
Orso d’Argento – Miglior Sceneggiatura:
Wang Quan’an and Na Jin per “Tuan Yuan” (Apart Together) di by Wang Quan’an
Alfred Bauer Prize
Riconoscimento in memoria del fondatore del festival per un lavoro particolarmente innovativo:
“Eu cand vreau sa fluier, fluier” (If I Want To Whistle, I Whistle) di Florin Serban