Il ventaglio segreto

14/06/11 - Lontano dal melodramma hongkonghese, il nuovo film di Wayne Wong è una storia dalla narrazione farraginosa che non tocca il cuore.

Nato ad Hong Kong ma naturalizzato americano, Wayne Wang ha fatto parlare di sé nel corso degli anni ’90 per il brillante dittico indie composto da Smoke e Blue in the Face, poi è misteriosamente caduto nell’oblio. I suoi ammiratori, con ogni probabilità, non gli hanno perdonato quell’unica sortita nel mainstream che porta il nome di Un amore a 5 stelle, commedia classica quando non stantia, con una Jennifer Lopez nel ruolo di moderna Cenerentola. Risale poi al 2007 la sua ultima esperienza nel lungometraggio, ancora una volta con un dittico, questa volta di impianto sino-americano e tutto incentrato sui temi dell’appartenenza e della memoria: Mille anni di buone preghiere e Princess of Nebraska (quest’ultimo rimasto invisibile dalle nostre parti). Ancora ricordi e sentimenti sono al centro di Il ventaglio segreto, la nuova pellicola di Wang, che raggiunge le sale nostrane in chiusura di stagione per cercare di conquistare un pubblico sensibile al cinema d’autore e restio ad abbandonare la città.

Sospeso tra presente e passato, tra la Cina e l’Occidente, tra tradizioni millenarie e capitalismo incalzante, il nuovo film del regista è un melò sull’amicizia femminile che però non va a fondo nell’esplorare il legame tra le sue protagoniste né possiede quell’afflato roboante ed estetizzante che caratterizza il genere di appartenenza. Con la salda intenzione di trattenere ogni sbavatura così come ogni eccesso larmoyante, Wang procede concentrandosi soprattutto sulle simmetrie del suo racconto, al punto da rendere questa pellicola un esercizio di stile il cui fascino si arresta alla mera superficie, seppur levigata. La storia segue un doppio binario: in ambientazione contemporanea abbiamo l’amicizia tra Nina e Sofia, mentre nel passato si svolge quella tra Fiore di neve e Lily. Ad unire le due vicende è un manoscritto, elaborato da Sofia per tramandare le vicende della antenata, Lily appunto, costretta a fasciarsi i piedi all’età di 7 anni, come voleva la tradizione, per poter ambire ad un matrimonio vantaggioso. Stessa sorte era toccata all’amica Fiore di neve, con la quale aveva stabilito un patto d’amicizia detto laotong. Una volta sposate, le due donne avevano continuato a comunicare scambiandosi un ventaglio di seta vergato in una lingua segreta, il nu shu.

Il flashback è dunque la struttura ricorrente in questo film, e la causa principale di un procedere farraginoso, ulteriormente appesantito da momenti che rievocano il consolidarsi dell’amicizia tra le due protagoniste contemporanee nel corso degli anni ’90. I ricordi hanno inoltre una partenza spesso goffa e didascalica: ora vediamo le pagine del manoscritto e subito dopo siamo nel flashback, ecco un’antica portantina apparire nella Shangai odierna e subito rieccola nel suo habitat naturale, ovvero nel passato. Tratto dal bestseller “Fiore di neve e il ventaglio segreto” di Lisa See, Il ventaglio segreto è sostanzialmente una riflessione su quell’elemento magico ed affascinante che è in grado di accumunare tradizione e modernità, rimembranze ancestrali alla frenetica vita odierna: l’amicizia. Un po’ poco per un racconto così elaborato che evita forti conflitti (in realtà l’amicizia non viene mai tradita né messa in discussione) per mostrarsi quale puro scheletro privo di carne. Le due protagoniste, intente qui ad impersonare un doppio ruolo, non sembrano poi bene assortite, se infatti Bingbing Li (protagonista dello splendido Diciassette anni di Zhang Yuan) ci offre una performance convincente, lo stesso non si può dire per la  bella Gianna Jun (The Last Vampire – Creature del buio), alquanto inespressiva. Una comparsata di lusso di Hugh Jackman non aggiunge molto al film, se non un numero canoro, dalla solida messinscena, come d’altronde l’intero film, ma di dubbia utilità narrativa. Lontano dal fascino del melodramma hongkonghese duro e puro, Il ventaglio segreto cerca con tutte le sue forze di farsi ponte tra due epoche e due culture, ma cade nella tentazione di concentrarsi un po’ troppo sul presente strizzando l’occhio a chi gradisce un pizzico di americanità.

DARIA POMPONIO

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