Il senso della vita
(Rubrica a cura di Pierpaolo Simone)
27/03/08 – Precari nella vita, come nel cinema. Funziona tutto nel nuovo film di Paolo Virzì, Tutta la vita davanti. C’è la precaria carina e intelligente con una laurea in filosofia teoretica, c’è il suo ragazzo, un cervello in fuga per fuggire alla disoccupazione imperante. C’è la giovane madre un po’ stolta e un po’ zoccola – scusate il francesismo – che scambia la filosofia con la fisioterapia. C’è un caposervizio alla cultura di un grande quotidiano che si lascia andare a volgari parole. Ci sono i sindacati, con le loro buone azioni quotidiane, la vecchietta che non arriva a fine mese, la madre malata che vuole solo il bene della figlia, i giovani stolti che pendono dalle labbra televisive dei GF. Aggiungete un omicidio, un incidente stradale, una storia di corna e il gioco è fatto. Prima considerazione: il film di Virzì è così maledettamente italiano che quasi non vale la pena arrabbiarsi, basterebbe una pacca sulla spalla e mugugnare un “vabbè, almeno ci ha provato”. Seconda considerazione: Paolo Virzì se la prende con i sindacati (bene, bravo!), asserisce con convinzione che qualcuno, forse, senza quel lavoro al call center, senza quel precariato, non avrebbe comunque altra via di uscita (benissimo, giusto, ecco la vera meritocrazia!). Poi, a un certo punto, qualcuno della CGIL deve avergli telefonato, qualche giovane raccomandato deve avergli suonato alla porta, qualche famigliare deve avergli detto che bisogna pur arrivare alla fine del mese. E allora, quatto quatto, tutto finisce a tarallucci e vino (o a pollo e patate al forno se preferite) e il più italiano dei film italiani arriva a compimento con il caldo applauso della platea. Provaci ancora Paolo, dopotutto hai tutta la vita davanti. Prima o poi anche tu prenderai posizione!