Il passato è una terra straniera
Interessante spaccato di violenza giovanile
30/10/08 – L’imposizione autarchica che il buon Rondi ha dato a parte del concorso ha costretto gli organizzatori a recuperare tutto il cinema italiano vagamente mainstream pronto al momento, rendendo impossibili cernite di qualsivoglia tipo, non parliamo di qualità . Però bisogna ammettere che siamo stati abbastanza fortunati e la rete del pescatore ha tirato fuori qualche pellicola discreta, insieme all’inevitabile fuffa. Il film di Daniele Vicari fa parte della prima categoria. Tratto dal romanzo di Gianrico Carofiglio, di cui taglia la parte sull’indagine poliziesca, racconta dell’amicizia tra lo studioso Giorgio e l’impenitente Francesco, amicizia nutrita a base di poker, colpi alle bische, truffe. Che ovviamente non potranno condurre a niente di buono. Scritto dal regista e dall’autore del romanzo con Francesco Carofiglio e Massimo Gaudioso, un film che è commedia, dramma, noir e film sportivo (per chi, come noi, considera il poker come un sport), ma anche una storia di amicizia oscura e violenza repressa che Vicari amalgama con discreta abilità .
Ambientato nel sottobosco barese, seguendo la tendenza cara a Vicari, il film è la descrizione di un’amicizia pericolosa e distruttiva, che si nutre di paure e disturbi psicologici che crescono fino all’estrema violenza, e che si specchia dentro un mondo tanto affascinante quanto infame come quello del gioco d’azzardo, cercando di mutuare dal romanzo i temi dell’identità e della duplicità del genere umano. L’arma vincente di Vicari è il tono secco e anti-retorico, che cede soltanto nell’ultima parte, dove il viaggio a Barcellona esplicita una serie di reazioni implicita e, francamente, allunga il brodo, salvo poi redimersi nell’intenso finale. Vicari sa raccontare e gestire i suoi personaggi, è curato nella descrizione di ciò che gli interessa di più – il contesto – e, sebbene andamento e intreccio diano nel convenzionale, è interessante la tessitura dello script; di sicuro più interessante della regia che, pur corretta, non è il forte di Vicari. Ottima la coppia d’interpreti, con Michele Riondino a battere l’accreditato Elio Germano, mentre ci sembra che la rappresentanza femminile sia numerosa e sprecata. A Vicari, manca sempre qualcosa, per fare il passo, ma almeno stavolta ha diretto il suo film con le idee più chiare.
(Emanuele Rauco)