Il Nastro Bianco

02/11/09 - "Qualsiasi principio, quando viene assolutizzato, diventa disumano. Che sia un ideale religioso...

haneke

Un nuovo, bellissimo e agghiacciante capitolo del percorso di Haneke nei meandri della mente

02/11/09 – “Qualsiasi principio, quando viene assolutizzato, diventa disumano. Che sia un ideale religioso, politico o sociale, quando diventa pensiero unico produce il terrorismo. Una certa educazione e cultura in senso assolutista porta a degenerazioni altrettanto assolutiste, al terrorismo, al fanatismo religioso, al Nazismo, anche se questo mio film non è un lavoro sulla Germania o sul nazismo”.

il nastro biancoDifficile poter leggere un passo più esemplificativo e netto dell’assunto che è alla base del nuovo capolavoro di Michael Haneke, meritevole vincitore a Cannes 2009. Parole pronunciate dall’autore stesso, a testimonianza della lucidità e chiarezza teorica che contraddistinguono la sua opera e che pongono il regista nel ruolo di vero e proprio “resistente” all’interno del panorama contemporaneo. “Il nastro bianco” non è altro che il nuovo tassello di un percorso artistico che impressiona per coerenza, continuità e credibilità e che si offre come incessante, glaciale e ossessiva riflessione sulla violenza umana (si veda il concettuale remake-fotocopia di “Funny games” come apice di tale matematica ossessività e non come il compiaciuto e vacuo esercizio di stile che alcuni hanno ipotizzato). Per questo della vicenda narrata non si deve offrire una lettura eccessivamente didascalica, che sminuirebbe l’alto valore metaforico della pellicola, relegandola a semplicistico teorema che spiegherebbe la genesi del nazismo.

Nulla di più fuorviante: “Il nastro bianco” non fa altro che proseguire, perfezionandolo se possibile, il discorso sulle grandi rimozioni collettive che caratterizzava il precedente “Caché”, limitandosi a darne visione folgorante e gelida, precisa e crudele (in senso rigorosamente artaudiano) e rifuggendo da spiegazioni di sorta, siano esse psicologiche o, peggio, sociologiche. Dunque la descrizione del villaggio tedesco alla vigilia del primo conflitto mondiale, nella sua estrema stilizzazione, nel suo estetismo solo apparentemente decorativo e invece profondamente conoscitivo, si appoggia con sguardo entomologico sui personaggi, con tanto di voice over del maestro elementare che amplifica l’effetto quasi da resoconto scientifico, lasciando poi sulle spalle dello spettatore il peso dell’Orrore Assoluto che albergherebbe in nuce negli aspetti più degeneri di un puritanesimo tetragono e mostruoso. E in definitiva, non sciogliendo l’enigma sulla profonda origine del Male, Haneke ci racconta l’impossibilità di dar conto di ciò attraverso il Cinema, lo scacco dell’artista di fronte all’inesplicabile, tutto ciò senza nemmeno più il bisogno di straniamenti (vedi le immagini digitali “senza autore” di “Caché”, ma anche i rewind del nastro, gli ammiccamenti allo spettatore e gli sguardi in macchina dei due “Funny Games”) che sottolineino la portata teorica dell’opera, ma affidando la riflessione sul linguaggio (il metalinguaggio, direbbe qualcuno) alla sola materia narrativa nella sua implacabile nettezza.

Cinema totale, appassionato eppure arreso alla sua artificiosità intrinseca, aderente alla storia eppure quasi insopportabilmente distanziante, quello di Haneke è un percorso negli abissi della mente umana attraverso la macchina più fredda e meccanica che ci sia.

(GIORDANO DE LUCA)

Titolo originale: Das Weiße Band
Produzione: Austria, Francia, Germania 2009
Regia: Michael Haneke
Cast: Christian Friedel, Leonie Benesch, Ulrich Tukur, Ursina Lardi, Burghart Klaußner
Durata: 144′
Genere: drammatico
Colore: b/n
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: 30 ottobre 2009