Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti
Il cosiddetto gioco dei troni è composto delle congiure, dei tradimenti e degli omicidi che si perpetrano tra famiglie dinastiche per il potere dei sette regni. Il trono di spade, in queste settimane trasmesso da Sky Cinema, cavalca l’onda modaiola del genere fantasy e pseudo storico ritornato in auge sotto il mezzo della serialità; negli ultimi anni si è volati dall’Antica Roma con Roma e le due serie di Spartacus ai velenosi intrighi delle corti di Michael Hirst con The Tudors e The Borgias. Alla base stavolta c’è proprio l’essenza del genere con draghi, elfi e folletti che trae vita dal ciclo di romanzi fantasy Cronache del ghiaccio e del fuoco (A Song of Ice and Fire) di George R. R. Martin, editi dal colosso Mondadori. E il discorso qui si fa sociologico nel rapporto ormai sempre più stretto fra cinema e tv; infatti l’autore dei libri ha preferito cedere i suoi diritti a un canale televisivo piuttosto che al cinema sia per la “mole” narrativa della saga, meglio spendibile con i tempi dilatati del tubo catodico, che per le numerose scene di sesso e violenza, ormai convenzionalmente più accettate sul piccolo che sul grande schermo.
La serie racconta una lotta per il potere e i meccanismi che intercorrono fra famiglie nobiliari nei sette regni di Lord Baratheon, che ha conquistato la corona dopo dopo aver spodestato l’antica famiglia Tergaryen, che vuole tornare ai suoi antichi fasti riottenendo ciò che aveva perduto. Ma dovrà vedersela con i Lannister, molto vicini al re tramite matrimonio e alleanze economiche, e gli Stark, fedelissimi alla corona, ma non certo ai complotti dei Lannister! La televisione via cavo in questo caso si dimostra il mezzo fruitivo più maturo nel rappresentare fedelmente un mondo medioevale fatto di soprusi e crudeltà, ben lontano da quel romantico immaginario di donne, cavalier, armi e amori. Che, sì, ci sono ma non sono certo poetici bensì sanguigni, truculenti, incestuosi. Sangue, omicidi, teste di cavalli mozzate, interiora di uomini e animali – non si fa una grossa differenza – sono all’ordine del giorno ne Il trono di spade. Lavoro che concretizza e spettacolarizza molto più che in passato il gusto per il grand guignol (prendendo magari ad esempio proprio le serie di cui sopra che hanno aperto la strada a questa scelta, ma mai con i toni eccessivi di questo prodotto HBO), che però resta comunque debitore nei confronti del cinema di genere degli anni Sessanta e Settanta e trova le sue tracce anche in un Ken Russell o un Nicolas Roeg proprio per quella ricerca di sadismo che man mano il cinema ha perso a favore di toni e argomentazioni più castigate. E in questo anche gli ordini sociali sono cambiati, invertiti. Ad una semplice riflessione ci si accorge che ormai è più maturo il pubblico delle serie tv, via cavo in particolare, che non quello del cinema e di conseguenza la produzione più coraggiosa (vedasi ad esempio Too Big to Fail, unico film in grado di analizzare con cognizione di causa i fattori reali e tecnici della crisi economica). E non è un caso che Sky lancia sempre di più nei canali di cinema gli attesissimi prodotti televisivi (come Boardwalk Empire e Mildred Pierce) e la serialità vira sempre di più verso il romanzo e i suoi adattamenti (sempre la HBO trasporrà in immagini Le correzioni di Franzen). Fra un po’ sarà più prestigioso vincere un Emmy che un Oscar. E come negarlo! Alla fin fine Il trono di spade (con tanto di gioco di ruolo al seguito) si rivela interessante più per il suo connotato di fenomeno di costume che per struttura tout-court perché dal punto di vista della trama non aggiunge nulla al genere se non l’esplicitazione dei suoi ingredienti violenti e sadici. Sottintesa ovviamente la qualità visiva, tecnica e attoriale dell’impresa. Dalla splendida composizione della sigla alla rarefatta fotografia passando per la ricostruzione dettagliata degli interni. Tra il cast, oltre ai nomi altisonanti di Sean Bean, l’eroico Lord Stark, e Peter Dinklage (vincitore di un Emmy per questo suo ruolo), la mente di casa Lannister, trionfano anche le algide menti femminili di ciascuna casata, ovvero Michelle Fairley a capo di casa Stark, Lena Headey a capo dei Lannister ed Emilia Clarke a capo dei Tergaryen.