Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti
Rielaborazione di classici della letteratura, che nel frattempo erano diventatati classici del cinema. Questa la tendenza della televisione americana negli anni Settanta e Ottanta, che realizzò remake di film di successo della grande Hollywood della Golden Age, utilizzando spesso la medesima, o molto simile sceneggiatura dell’opera cinematografica, a sua volta adattata da un altro medium. Casi eclatanti come, tanto per fare un esempio nel mucchio, Splendore nell’erba – Melissa Gilbert al posto di Natalie Wood, tale Cyril O’Reilly al posto di Warren Beatty – furono degli autentici disastri se confrontati all’originale. Ovvio: regie sciatte, interpreti che non eguagliavano i precedenti, una confezione votata al risparmio, un didascalismo inverosimile. Diverso è il caso, come esempio contrario, de Il giro del mondo in 80 giorni, dall’opera letteraria omonima d’avventura di Jules Verne e dal film di Michael Anderson, targato United Artists del 1956, nella riedizione del 1989 realizzata per la NBC e riscritta da John Gay, abile calligrafo. La struttura simile per approccio, dalle sue tante guest star alla durata improponibile, il film di tre ore, la miniserie di cinque, la quale si rivela una simpatica riedizione del classico d’avventura che fu un bestseller in quei tempi lontani della seconda metà dell’Ottocento. Quello un momento storico in cui la funzione educativa del romanzo di genere traeva spunto dalle scoperte scientifiche sia per il miglioramento della qualità della vita, dettata dalle scoperte mediche, sia per la velocizzazione dei trasporti e l’utilizzo dei mezzi meccanici.
La storia, molto semplice, nasce dal pretesto di un gentiluomo inglese, Phileas Fogg, di scommettere con i pari del suo circolo di poter essere in grado di fare il giro del mondo in soli 80 giorni. L’uomo, insieme al proprio domestico francese Passepartout, andrà alla scoperta di realtà diverse dalla propria e vivrà esperienze al di là di qualsiasi immaginazione. Il romanzo del francese Verne, o meglio l’essenza dei suoi libri rappresenta, insieme a quella dell’inglese H.G. Wells, il vero esempio di questa matrice letteraria, che non solo postula su un mondo fatto di tecnica, ma anche di tolleranza e di differenze. La miniserie televisiva possiede tutti i toni di una narrazione ingenua quanto schematica nella sua linearità (e persino monotona a tratti), accostabile agli stessi adattamenti pseudo-avventurosi fatti dalla Disney negli anni Sessanta (che adattò dell’autore francese anche I figli del capitano Grant), ma ha dalla sua una confezione ben fatta, che riprende dai suoi predecessori il gusto delle rifiniture scenografiche e i toni accesi della fotografia da pieno periodo Technicolor. A guidare la nave di questo prodotto, figlio del suo tempo televisivo, un veterano del settore come Buzz Kulik, specializzato in particolare in miniserie e tv movie biografici e sportivi, che dirige il traffico con mano ferma e professionismo artigianale. Come nell’adattamento più popolare degli anni Cinquanta di Anderson, complice la struttura della storia, la miniserie gioca con una passerella invidiabile di guest star: tra gli altri ricordiamo Lee Remick, Peter Ustinov, Roddy McDowall, Robert Wagner, Christopher Lee, John Mills e il nostro Gabriele Ferzetti. In questo caso però, il romanzo viene in un certo senso “tradito” e i personaggi incontrati da Fogg e dal suo fido Passepartout in alcuni casi sono celebrità storiche realmente esistite non presenti nel libro che tendono a dare un’aura mitologica ancor maggiore alle loro avventure. Ecco allora che i due protagonisti incontrano personaggi di quel tempo come Sarah Bernhardt (penultima apparizione di una Lee Remick vivace che sarebbe morta di lì a un paio d’anni), Cornelius Vanderbilt, Jessie James. Una piccola curiosità: Eric Idle, che interpreta il buon Passepartout, è uno dei componenti dei mitici Monty Python e lavorò nel medesimo anno in cui Michael Palin compì lo stesso percorso proposto da Verne e sempre in 80 giorni divenuto poi un documentario della BBC molto popolare. Strano a dirsi: nemmeno Pierce Brosnan perde troppo al confronto col suo predecessore David Niven.
Titolo originale: Around the World in 80 Days
Regia: Buzz Kulik
Cast: Pierce Brosnan, Eric Idle, Peter Ustinov, Lee Remick, Peter Ustinov, Roddy McDowall, Robert Wagner, Christopher Lee, John Mills, Gabriele Ferzetti, Darren McGavin, Jill St. John, Henry Gibson, John Hillerman, James Sikking, Simon Ward
Produzione: USA 1989
Durata: 280’
Distribuzione originale: aprile 1989 su NBC
Distribuzione italiana: disponibile in dvd dal 2010