Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane
Il potere di Glee: trascina e commuove con le sue piroette musicali, ma va molto più a fondo e diviene fenomeno di costume
(Rubrica a cura di Erminio Fischetti)
10/02/11 – Energia, ritmo e gioia fanno di Glee uno dei cult di maggior riscontro degli ultimi anni seriali. Tutti sappiamo cos’è Glee: nella sua veste è camp, ma non kitsch. Nel suo colorato arcobaleno di cultura gay trascina tutte le tipologie di pubblico. Siamo tutti un po’ gleek (coniugazione della parola glee, gioia, con geek, secchione)! Glee è figlio di una cultura nerd post-moderna fatta di influenze e mescolamenti artistici. Ma, prima di essere un fenomeno di costume o di una stratosferica visione di rielaborazioni sonore e ritmiche, Glee è una buona lezione di tolleranza e rispetto delle differenze. Chi avrebbe mai creduto che Ryan Murphy, dopo il crudele ma patinato mondo della chirurgia plastica di Nip/Tuck, avrebbe creato una nuova serie che andasse totalmente in antitesi raccontando di un liceo della provincia dell’Ohio, pur continuando il suo discorso sul senso d’identità?
Adolescenti ostracizzati che fanno parte del Glee club del liceo McKinley si riscattano attraverso canto e ballo, dove sulle note di cover meravigliose della musica mondiale (gran parte di cantanti hanno messo a disposizione le loro discografie per il telefilm) si citano videoclip di tutto rispetto. Senza contare che la serie è accompagnata da un cast formidabile: dire che cantano e ballano benissimo questi giovani attori è come dire che Kafka conosceva l’alfabeto.
Ora Glee è diventato fenomeno di aggregazione sociale, tutti ne parlano, tutti lo vedono, numerose iniziative vengono legate ad esso, non ultimo un reality show del canale Oxygen negli States. È paradossale in che modo la cultura nerd sia diventata di moda. E qui il discorso si fa interessante, perché ciò che viene rifiutato ed etichettato negativamente, nella serialità fa tendenza e i nerd diventano cool, sintomo che c’è qualcosa di nuovo nell’aria. E con piacere si assiste al riscatto di giovani ragazzi che al di là del club non avrebbero alcuna chance di riuscita, capitano della squadra di football compreso. Il Glee club diviene la famiglia di chi è un loser, un perdente, e il professor Will Schuester, che lo gestisce, ne è il capostipite avendo dovuto dimenticare i suoi sogni di gloria musicale per una vita piatta e monotona e un matrimonio castrante. Ma al di là del fenomeno di costume, Glee piace non solo perché si canta e si citano i videoclip di Madonna (meraviglioso l’episodio a lei dedicato The Power of Madonna), ma soprattutto per il suo profondo senso di amore e rispetto, e grande ironia, nei confronti di questi adolescenti tristi e soli: paraplegici, gay, afro-americani, orfani, balbuzienti, adolescenti incinte. Murphy con Ian Brennan e Brad Falchuk rielabora e ricostruisce gli schemi dei generi seriali articolando la struttura abusata del teen drama – che qui acquisisce una veste originale nel proporre sì personaggi canonici, ma mai banali o stereotipati – con il musical, di profonda tradizione statunitense, ma anomalo considerato in una veste seriale.
Il creatore propone, infatti, un nuovo ritratto crudele di un’altra America dove nessuno ha scampo se non possiede certi canoni fisici e di appartenenza. Ed è così che il rifugio nel mondo dell’arte, in questo caso la musica, diviene un “wonderland” dove si può venire meno al grigiore della quotidianità e dove si può dimostrare sì di essere diversi, ma soprattutto migliori anche se si è sfigati, nerd e brutti, dove si può ballare anche quando si è su una sedia a rotelle. Ma è soprattutto l’America delle contraddizioni quella di Murphy, che sottolinea che si può passare dalla popolarità al completo ostracismo, dove tutto è solo una questione di punti di vista. Siamo tutti un po’ sfigati e l’essere popolare non è nulla di concreto, nulla di reale. La dignità è l’unico strumento che si costruisce con le proprie mani ed è l’unica cosa che resta alla fine. Lo ha imparato a proprie spese Quinn Fabray, presidentessa del club della castità e capo delle cheerleader che si ritrova incinta e messa al bando anche dalla sua stessa “buona” famiglia. E anche la sopra le righe Sue Sylvester, la spietata allenatrice delle cheerleader che vuole eliminare il Glee club per una questione di budget, che fa cadere la propria maschera e scopre le proprie incertezze diventando profondamente umana.
Titolo originale: id;
Creatore: Ryan Murphy, Ian Brennan, Brad Falchuk;
Cast: Matthew Morrison, Jane Lynch, Jayma Meys, Lea Michele, Cory Monteith, Dianna Agron, Mark Salling, Chris Colfer, Kevin McHale, Amber Riley, Jessalyn Gilsig, Jenna Ushkowitz
Produzione: USA 2009 – in corso
Durata: 42’ circa a episodio (45 episodi)
Distribuzione originale: dal 19 maggio 2009 su FOX
Distribuzione italiana: Fox (Sky), Italia 1