Presentato il libro di Valerio Mieli, omonimo – ma non semplice sceneggiatura – del film “Dieci Inverni”
18/01/10 – Oltre cento persone, e parte del pubblico in piedi, hanno affollato il 14 gennaio la Biblioteca Rispoli di Roma per la presentazione del libro Dieci Inverni di Valerio Mieli, già regista dell’omonimo film con cui ha recentemente esordito sul grande schermo. Evidentemente l’uscita anteriore del film ha giovato all’aspettativa sul libro, tuttavia non è solo questo l’aspetto degno di attenzione curiosa. L’autore, Mieli, debutta sia in regia che come scrittore, ovviamente è un cosiddetto giovane eppure ha sulle spalle il Centro Sperimentale Cinematografia, una laurea in filosofia e una pratica di sceneggiatura che gli ha dato il riconoscimento del Premio Solinas, sempre per “Dieci Inverni”. Insomma un pensiero unico per tre volti differenti, e per quanto sembri insolito non c’è nulla di scandaloso, perché spesso l’arte si ripropone con adattamenti e linguaggi diversi, soprattutto nel contesto italiano ed europeo, dove il concetto di autore è ancora abbastanza totale e abbraccia spesso più mestieri del cinema.
Insieme a Mieli, era presente alla Biblioteca Rispoli la brava attrice protagonista, Isabella Aragonese, e insieme hanno introdotto il romanzo leggendo a due voci un brano dal volume con sottofondo musicale di chitarra classica suonata da uno dei compositori della colonna sonora del film. Commento e dibattito sono stati affidati a Michele Anselmi, critico e giornalista de Il Riformista, che ha definito il soggetto come “dieci quadri del prologo di un amore”: una forma originale e meritevole, e tuttavia con qualche lacuna riguardo allo stile narrativo, individuata in frasi come “il vaporetto rantolava”, “ il buio rotto solo dalle urla dei gabbiani”. La particolarità del libro, secondo Anselmi, consiste però nel suo spingere i lettori a dividersi e a prendere le parti del personaggio maschile o di quello femminile (ma sul punto si può discordare) i cui nomi, Silvestro e Camilla, sono stati ben ponderati come suggerito dai maestri Age e Scarpelli, anche se forse non tutto il pubblico avrà colto la sottaciuta derivazione.
Finalmente, a chiusura dell’incontro, viene chiesto a Valerio Mieli se e quanto il libro ricalca di pari passo la sceneggiatura e dove i due percorsi divergono: il regista/scrittore risponde che il libro è sviluppato ad io narrante, anzi a doppio io narrante di lei e lui che esplicano talune sensazioni ed aspetti che invece nel film sono lasciate all’immagine e dunque all’interpretazione dello spettatore. La pellicola, infatti, è stata volutamente prodotta, dopo varie valutazioni, senza voce fuori campo né racconto esplicito: in questa differenziazione sta, probabilmente, la più stimolante spinta che potrebbe portarci a confrontare i due diversi contenitori di “Dieci Inverni”.
(CLAUDIO CATALANO)