Presentato in concorso al Festival di Cannes “Un homme qui crie”, di Mahamat-Saleh Haroun
(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)
19/05/10 – Inserito nella competizione ufficiale a Cannes 63, Un homme qui crie del regista Mahamat-Saleh Haroun della Repubblica del Ciad mostra senza pudori la guerra e la povertà che affliggono questo Paese, tanto spesso presente sulle pagine dei giornali per le violenze che vi hanno luogo. Se dunque il film ha una sua importanza politica e testimoniale, non si va però molto oltre: Un homme qui crie è un dramma incentrato sul rapporto padre-figlio che non sa maneggiare il difficile tema con la necessaria cautela, perdendosi in patetismi e in approssimazioni drammaturgiche. I personaggi sono scialbi e per nulla approfonditi, il meccanismo narrativo è sin troppo banale e alcuni elementi essenziali non vengono sfruttati nelle azioni ma solo in ripetitivi dialoghi. Si pensi, ad esempio, all’importanza che il protagonista dà al suo rapporto con l’acqua, essendo stato lui un importante campione di nuoto del suo paese; il concetto, ripetuto più volte, non viene però mai evidenziato né fattivamente né a livello simbolico. Dispiace dirlo, ma più di una volta non si è riusciti trattenere un sorriso di fronte a certe ingenuità narrative, e a questo punto va specificato che il film che vedemmo qualche anno fa a Venezia, opera dello stesso regista, Daratt era decisamente più interessante e complesso.