Jew Suss – Rise and Fall di Oskar Roehler: disastro a Berlino
(Dalla nostra inviata Daria Pomponio)
18/02/10 – Si dice sempre che per un attore i ruoli da villain sono i più interessanti e gratificanti, ma non deve essere stato così per Ferdinand Marian, interprete del famigerato film di propaganda nazional socialista “Jude Suss” di Veit Harlan (“Suss l’ebreo”, 1941) fortemente voluto e sponsorizzato da Goebbels in persona. Oskar Roehler, già regista dell’interesante “Le particelle elementari”, tratto dall’omonimo romanzo di Michel Houellebecq, scrittore tra i più scomodi e discussi del nostro tempo, porta ora sullo schermo la storia dello sfortunato interprete del film di Goebbels e Veit Harlan, con una pellicola che si predispone a scatenare un mare di polemiche. Va detto subito che in questo caso le polemiche e i dibattiti sul film non si solleverebbero a torto, a giudicare, se non altro, dai sonori fischi che hanno accompagnato i titoli di coda del film in occasione della sua presentazione alla Berlinale 60. È abbastanza raro che il pubblico berlinese esprima così esplicitamente il proprio dissenso, ma dobbiamo ammettere che gli ingredienti per farlo indignare (e noi insieme a lui) qui ci sono tutti.
Sgangherato apologo sull’importanza sovrana dell’arte di fronte ai corsi e ricorsi storici, questo “Jew Suss – Rise and Fall” si presenta come un’apologia del suo personaggio e dell’opera da lui interpretata, con il supporto tra l’altro delle parole vergate sul film, in occasione del Festival di Venezia 1940, da nientemeno che Michelangelo Antonioni. Ma andiamo con ordine. Ferdinand Marian (Tobias Moretti), attore di teatro mediocre, riceve la visita di Goebbels proprio mentre sono in corso le prove di una versione dell’Otello di Shakespeare con degli enormi orinatoi come scenografia. Marian, manco a dirlo, interpreta il perfido Iago e tanto basta per farlo arruolare come protagonista del primo film di propaganda nazista <strong>“Jud Süß”. L’attore, dapprima riluttante, finirà per accettare il ruolo, mentre la moglie, che ha un quarto di sangue ebraico nelle vene, sarà internata in un campo di concentramento. La figlia, inizialmente prima della classe pronta a declamare poemi anti-ebraici, non lo vorrà mai più vedere, così come i suoi vecchi amici ebrei. Goebbels, nonostante si dimostri soddisfatto della prestazione attoriale di Marian, lascerà che l’attore cada in rovina e infine l’arrivo degli yankees darà il colpo di grazia alla sua carriera. Operazione pop-trash di dubbio gusto, “Jew Suss – Rise and Fall” è un terribile pasticcio in costume che non provvede a fornire una direzione etica né tanto meno morale ai propri personaggi. Viene da chiedersi come sia possibile che un regista di fama come Oskar Roehler non si sia accorto della brutta piega che il suo film stava prendendo e non sia dunque riuscito in alcun modo a intervenire per salvarlo. Incerto sul ritmo da prendere, il film mostra apertamente una scarsa sintonia tra i vari interpreti e drammatizza sovente scene di scarsa importanza. “Jew Suss – Rise and Fall” non è apertamente un film contro il nazismo e la sua propaganda, il suo obbiettivo è quello di informarci che anche sotto il nazismo si potevano fare bei film e che questi, in seguito, sarebbero divenuti una condanna infamante per i relativi interpreti. Insomma, non si può condannare l’arte solo per via del governo che la produce.
A ben considerare la sua prestazione attoriale, ci sembra che la star in ascesa del cinema tedesco Moritz Bleibtreu abbia avuto il sentore che qualche ingranaggio della sceneggiatura proprio non funzionasse o magari ha creduto tutto il tempo di lavorare ad un film completamente diverso da questo, il suo Joseph Goebbels è infatti estremamente sopra le righe, al punto che pare uscire da un film satirico sul regime (un po’ “Il grande dittatore” di Chaplin, o “To Be or Not to Be” sia nella versione di Lubitsch che in quella con Mel Brooks). Bleibtreu digrigna i denti in un sorriso isterico, solleva il sopracciglio volitivo, grida imperioso e, in tutta evidenza, non sa zoppicare in maniera realistica. Non troviamo altra spiegazione per questo passo falso del solitamente convincente attore teutonico, che attribuirgli una sovrainterpretazione in senso grottesco dello script di un film che propone purtroppo meccanismi usurati e nessuna chiave di lettura. Tobias Moretti nel ruolo di Marian e Martina Gedeck in quello di sua moglie non regalano dal canto loro alcuna sorpresa, per quanto facciano onestamente il loro lavoro. In conclusione possiamo dire che la presenza di questi nomi di grosso calibro nel cast ci appare come l’unica possibile giustificazione alla presenza del film in Concorso a Berlino.
Merita una descrizione, infine, quella che è la scena più sconcertante e irritante del film: un estetizzante amplesso sessuale tra il protagonista e una signora lasciva (forse mandata da Goebbels per screditare Marian) che avviene proprio nel corso di un bombardamento, con i due affacciati al davanzale di una finestra mentre il cielo si illumina degli infausti colori delle esplosioni. Questa cartolina kitsch-erotica, che ha il sapore di una sfida aperta al nostro buon gusto, provoca un ulteriore brivido di orrore se consideriamo che avviene in parallelo con la deportazione della moglie di Marian. Sappiamo bene che anche il nostro Rossellini realizzò film su commissione del governo fascista e certo non mettiamo qui in dubbio la potenza estetizzante delle immagini girate da Leni Riefenstahl, regista ufficiale del Terzo Reich, tuttavia, nonostante il condivisibile appello per una valutazione stilistica delle opere di propaganda, siamo pronti a scommettere che per “Jew Suss – Rise and Fall” la storia del cinema non riserverà molto più spazio di quello che si concede ad una bizzarria produttiva priva di buon senso.