I ragazzi del Glee Club sono cresciuti, ora vanno all’università. Ma non sono certo meno sfigati o confusi di prima, anche se in questo film, con un leggero ammiccamento alla serie di Ryan Murphy, viene detto il contrario. Jason Moore mette in scena lo scontro di un gruppo femminile di coriste a-cappella (di quelle che suonano e cantano senza strumenti, solo con la loro voce) della Barden University, Le Bellas, capitanate da Aubrey, una rigida ragazza con la mania del controllo, molto poco adatta al lavoro di gruppo, che l’anno precedente aveva fatto perdere la sua squadra perché aveva rigurgitato in scena, contro quello maschile rivale, I monelli, vincitori ineguagliati, capeggiati da uno sbruffone tanto nerd da non volerne vedere altri al suo cospetto. A rinforzare le file femminili, tra il nuovo nutrito gruppo, arriva Beca, una giovane che sogna di sfondare a Los Angeles nel mondo della musica, mentre il suo contraltare maschile Jesse, bello, affascinante e simpatico, è pronto a farle palpitare il cuore. Ma la rigida Aubrey ha messo una rigida regola: nessuna delle Bellas dovrà mai avere rapporti sessuali con I monelli …
Sulla scia del successo televisivo di Glee sono nate nel cinema, tv e dintorni una serie di produzioni legate al mondo del canto. Voices, in originale Pitch Perfect, basato sul libro di Mickey Rapkin, rientra perfettamente nei canoni in questione, ma il mondo è quello universitario, dove non mancano spesso le stesse dinamiche del successo cult di Ryan Murphy, la coralità dei personaggi, le beghe affettive, la voglia per degli sfigati, una volta tanto, di vincere. Tra le fila di questi protagonisti possiamo notare la storia fra Rachel Berry e Finn Hudson, la brava cantante grassa che ironizza su se stessa, l’orientale timida, la ragazza lesbica, a dire il vero manca solo la coppia gay e ne sarebbe una versione più matura in perfetta copia carbone. Appare però da subito chiaro che il film di Jason Moore rimane imbrigliato in certi stereotipi tardo adolescenziali. Ma il difetto maggiore in Voices risiede proprio nei personaggi, che restano nella superficie della generalizzazione caratteriale senza mai approfondirne sfumature e particolarità, dove questi “maturi” universitari sembrano per certi versi più infantili dei molto più maturi e psicanalizzati “ragazzi” di Ryan Murphy. Eppure allo stesso tempo, Voices appare un’opera graziosa che tappa con il canto e la simpatia dell’operazione i buchi di sceneggiatura, anche laddove la comicità sembra ogni tanto spicciola e gratuita (poi il doppiaggio italiano ci mette involontariamente del suo con la ripetizione costante della parola “a-cappella” anche nei momenti più impropri), come può apparire qualche riferimento trash a certo stile scatologico del blockbuster Le amiche della sposa. Fortunatamente però qui limitata solamente ad un paio di scene e comunque funzionali alla struttura del plot e del personaggio di Aubrey. Anna Kendrick, che esordì proprio con il musical adolescenziale nel 2003 Diventeranno famosi, torna – dopo la candidatura all’Oscar per il Tra le nuvole di Jason Reitman e la saga di Twilight – alle sue origini sempre con quella sua aria un po’ timida, che nasconde la voglia di normalità dietro un’aria solo all’apparenza un po’ ribelle. Complice ancora la faccia da ragazzina anche se ormai veleggia fieramente verso i trenta, è perfetta nel ruolo, come il resto del cast. Sarebbe solo stato meglio armeggiare un po’ meglio in fase di scrittura, sarebbe potuto essere un buon film, così da non rimanere solo un film grazioso che si confonde fra tanti. Ma per chi li ha passati da un po’ fa venir voglia di ricordare quei tempi, liberi e felici dell’università. E ancora una volta, sembra una costante l’omaggio ai tempi andati. Il nostro Jesse alla fine seduce la restia Beca con The Breakfast Club, un classico adolescenziale degli anni Ottanta del compianto John Hughes.
ERMINIO FISCHETTI