Da tempo seguiamo il percorso artistico tra Italia e Francia del regista e sceneggiatore Adriano Valerio perché in continua ricerca e tra i primi a non concepire più vecchie gabbie che vogliono distinguere il documentario, dal film in live action o il cortometraggio solo come primo passo per poi passare al lungo.
Con il suo primo cortometraggio 37°4S, menzione speciale al Festival di Cannes (2013), ha mostrato il suo talento al mondo per poi girare il corto Agosto nel 2016 e con Banat – Il viaggio, lavorare suo primo lungometraggio, presentato alla Sic nel 2015, da dove è partito per ricevere tanti premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Sono seguiti il cortometraggio Mon amour mon ami, due episodi della serie televisiva Non uccidere, i corti Les aigles de Carthage, The Nightwalk, Calcutta 8:40 e Galeries Lafayette, quest’ultimo mostrato alle Giornate degli autori l’anno scorso.
Quest’anno in Notti Veneziane delle Giornate degli autori, all’80esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ha presentato Casablanca, un film che si è sviluppato tra Umbria, Parigi e la città di nascita del protagonista, la Casablanca del titolo. Fouad Miftah, conosciuto dal regista per caso in un bar di Gubbio, è marocchino e vive in Italia da oltre diciotto anni senza documenti, in attesa di cure mediche che potrebbero migliorare la sua salute e il suo aspetto fisico che, purtroppo, spesso allontana e spaventa le persone. Nel film si racconta la sua relazione con Daniela Brandi che, come lui proviene da una città di mare, Bari. La donna proviene da una famiglia esoterica dell’alta borghesia e, come Fouad, ha un passato di dipendenza. “Ci siamo salvati a vicenda” affermano, parlando del loro incontro e dell’amore che li unisce ma, l’amore può bastare a colmare le frustrazione di una società che non ti accetta, di documenti che non arrivano mai? Daniela può continuare ad essere l’unica “casa” di Fouad? L’uomo continuerà a lasciare che il tempo passi inesorabile in Italia o tornerà a Casablanca?
Nel 2016, anno dell’incontro con Fouad, Valerio aveva scritto e diretto, il cortometraggio Mon Amour, Mon Ami, incentrato proprio sulla relazione tra i due, per poi – affascinato dalla personalità dell’uomo – continuare a seguirlo negli anni e vedere, come capita spesso quando si decide di girare un film incentrato su personaggi reali, come la storia muti nel tempo. In montaggio, comprendendo che la vicenda di un’immigrazione complessa, si era trasformata nel racconto di una storia d’amore (questo anche il motivo del titolo che, ovviamente, omaggia il film omonimo di Michael Curtiz con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman) e in una traduzione filmica di sentimenti reali, con Andrea Maguolo e Alice Roffinengo, il regista ha scelto di lavorare su una sorta di unità emotiva, su un racconto che avesse al centro l’incontro tra due anime che conoscono la sofferenza, la poesia, l’umorismo (come i personaggi dell’Antologia di di Spoon River di Edgar Lee Master) e trovano nel racconto filmico un loro riscatto, senza tener conto, nella messa in opera, di un ordine cronologico lineare dei fatti.
Girato con un obiettivo 32 mm per riprodurre più fedelmente possibile lo sguardo umano, Casablanca ha una fotografia (di Diego Romero Suarez-Ilanos e Jonathan Ricquebour) che sa esaltare anche i luoghi scuri dell’anima e degli ambienti vissuti dai due protagonisti, restituendogli bellezza e dignità.
Nella nostra intervista, Adriano Valerio ci racconta del dispositivo misto utilizzato già dal cortometraggio girato con Fouad e Daniela, del rapporto instaurato con loro e delle scelte musicali, con la chiusura lasciata alla canzone Nessuno scritta da Antonietta De Simone, Edilio Capotosti, Vittorio Mascheroni e reso molto noto da Mina.
Il film, in Italia, verrà distribuito da Dugong Film.
giovanna barreca