Red shoes di Carlos Eichelmann, presentato in Orizzonti alla 79esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ha due luci e due tempi che sono quelli dettati da una campagna messicana indolente dove sembra non accadere molto o quasi nulla ai suoi abitanti, allevatori di bestiame e quello frenetico e spesso crudele della città dove Tacho (Eustacio Ascacio) deve recarsi, lasciando il villaggio, per recuperare il corpo della figlia, vittima di violenza. In città l’incontro dell’anziano con una giovane prostituta sarà l’inizio di un viaggio pieno di dolore, l’incontro di due solitudini in cerca di una redenzione spirituale.
Le scarpette rosse, ormai nel mondo, sono il simbolo della lotta contro tutte le violenze inflitte ai corpi e agli animi delle donne. In Messico il movimento Zapatos Rojos è nato nel 2009, grazie all’artista messicana Elina Chauvet e alla sua installazione di scarpe rosse esposte nelle strade, nelle piazze, nelle scuole, nei palazzi del potere per denunciare la crescita esponenziale dei femminicidi.
Nella nostra intervista abbiamo parlato del suo rapporto con Elina e di come, prima di tutto, sia nata la sceneggiatura e com’è avvenuto l’incontro con Ascacio.
Carlos Eichelmann Kaiser è messicano e la sua formazione cinematografica è avvenuta in Spagna, a Madrid dove ha studiato regia e produzione cinematografica. La sua opera prima, appunto Red shoes, nasce prima di tutto come laboratorio laboratorio letterario di Michael Rowe nel 2018 per poi diventare nel 2021 la sua prima sceneggiatura (con Jofra GG Adriana Gonzáles Del Valle) e regia.
giovanna barreca