Una cinematografia nuova, una boccata d’aria fresca nel cinema italiano. Questo si dice dei fratelli D’Innocenzo dal loro esordio, confermato da America latina, in concorso alla 78 esima edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia, con protagonista Elio Germano.
Ogni sentimento nel film per decollare, ha bisogno del suo contrario. Una famiglia al centro della narrazione ma soprattutto un uomo, antitesi del macho, perché – come precisa Elio Germano che interpreta Massimo: “questo è un film anche sull’immaginario che si crea nella società che vorrebbe l’uomo potente, vincente, senza sentimenti”. E così la divaricazione al femminile, la sensibilità, la delicatezza di questo dentista permette anche alla macchina da presa di essere accolta, di aprirsi in un lavoro di decostruzione.
Un racconto in prima persona e come afferma Damiano: “Un viaggio al termine di un uomo” che sembra, sotto molti punti di vista, una sorta di contrappunto dispetto alla deriva del personaggio protagonista di Favolacce, precendente lungometraggio dei sue fratelli D’Innocenzo.
Nella nostra intervista scopriamo il perché del titolo, indaghiamo i temi, la costruzione della messa in scena e l’uso di una scenografia che doveva essere in grado, attraverso pochi elementi di raccontare il personaggio. La forma della villetta di periferia è una degli elementi più scenografici, soprattutto per la piscina che, quando viene inquadrata dall’alto, sembra una ferita prodotta da un coltello. Inoltre, da grandi cinefili i fratelli D’Innocenzo lavorano su alcuni elementi simbolici molto forti: i tanti vetri e specchi che restituiscono l’immagine del protagonista e l’acqua che ritorna ed era già presente in fase di scrittura e poi, come precisa Fabio: “è un elemento che abbiamo concretizzato durante le riprese e ridimensionato in montaggio perché nei film ci interessa la sintesi”.
Dopo la Mostra, America Latina sarà al cinema dal 24 novembre.
giovanna barreca