Diari di Venezia 67 – giorno 2
(Dalla nostra inviata Daria Pomponio)
03/09/10 – Siamo al secondo giorno la 67. Mostra del Cinema di Venezia entra nel vivo. Ritroviamo con piacere, posizionata nella sezione Orizzonti, una habituée dei festival internazionali, Catherine Breillat, che presenta a Venezia la La belle endormie, sua rivisitazione e personalizzazione della celebre fiaba per l’infanzia. Il film fa parte di una serie di trasposizioni filmiche di favole classiche, che la regista francese sta realizzando per il canale televisivo Arte (due anni fa, il suo Barbe Bleue era stato presentato a Berlino). Ma non lasciatevi ingannare dalle dinamiche produttive, La belle endormie regala momenti di vero cinema. Nel corso del film vengono alla luce pian piano quelle tematiche che caratterizzano da anni la filmografia dell’autrice come ad esempio l’infanzia, la pubertà e l’ingresso nell’età adulta, la scoperta della sessualità. La Breillat, celebre per aver scandalizzato le platee festivaliere e non solo, con la sua visione viscerale e aspra della sessualità, è stata la fautrice dello sdoganamento autoriale della pornostar nostrana Rocco Siffredi con il discusso Romance, ha contribuito a lanciare la carriera del nostrano Libero De Rienzo nel successivo A ma soeur, ha fatto inorridire più di uno spettatore con la famigerata scena del tampax di Anatomie de l’enfer. Il suo è un cinema che non conosce compromessi, duro, diretto, che ricerca spesso l’essenza dei propri personaggi spesso attraverso il loro approccio alla sessualità e lo fa senza false ipocrisie. Anche in La belle endormie, così come accade nella maggior parte dei suoi film, la Breillat celebra lo spirito femminile ritraendo una bambina, presto giovane donna, guidata da una sana curiosità e dotata di una brillante sagacia; la sua sete di avventure la porterà a viaggiare attraverso il tempo e lo spazio, alla ricerca di un “principe azzurro” che la traghetti verso l’età adulta. Insomma la Breillat si prende delle libertà, ma, per la gioia dei puristi dell’universo fiabesco, assicuriamo la presenza di streghe cattive, streghe buone e del fatale fuso da telaio.
Passiamo ora ad un altro tipo di fiaba, dal doppio risvolto: Machete di Robert Rodriguez è sì puro intrattenimento al servizio dei fan del B-movie, ma è anche la grande occasione per il “cenerentolo” Danny Trejo che qui interpreta il ruolo del protagonista. Ex boxeur ed ex galeotto, decisamente non avvenente e anagraficamente più che maturo, Danny Trejo è assurto agli onori delle cronache cinematografiche grazie al finto trailer contenuto nel progetto Grindhouse firmato a quattro mani da Rodriguez e Tarantino, e nel quale veniva annunciata proprio l’uscita imminente del film Machete, pellicola allora inesistente. Rassicuriamo subito gli adepti del cinema di Rodriguez: tutti gli spezzoni presenti nel trailer posticcio trovano posto anche nel lungometraggio, come pezzi di un puzzle il cui disegno complessivo non era inizialmente previsto, ma ora c’è. Eccome se c’è, Machete, inaugurazione al fulmicotone dei film di mezzanotte veneziani, mantiene fede al suo mito, inanella sequenze d’azione gory e fantasiose, eccede forse un po’ troppo nella proliferazione inarrestabile di personaggi (oltre a Trejo troviamo anche Jessica Alba, la Michelle Rodriguez di Lost e Robert De Niro nel ruolo di un candidato texano destrorso e xenofobo) e brevi sottotrame, ma è inutile stare a cercare il pelo nell’uovo, meglio auspicare mille di questi robusti b-movies!
Farà discutere, ma è destinato ad un sicuro successo, Miral di Julian Schnabel, trasposizione del romanzo della giornalista Rula Jebreal che racconta, in parte, la sua infanzia nella Palestina occupata dalle truppe israeliane. Il film, che vanta la splendida e talvolta (va detto) inopportuna fotografia di Eric Gauthier (autore delle immagini, tra gli altri, di Into the Wilde di Sean Penn), riassume per immagini e capitoli un cinquantennio di storia della Palestina. Tutto ha inizio quando la filantropa Hind Husseini (la semprevalida Hiam Abbas) si imbatte nottetempo in una cinquantina di bambini sfollati a causa di un bombardamento israeliano. La donna aprirà una scuola-orfanotrofio dove cresceranno varie generazioni di infanti, nel sogno di una Palestina libera e indipendente. Tra gli ospiti della scuola troveremo anche la graziosa Miral (interpretata dalla Freida Pinto di The Millionare), che entrerà poi in contatto con degli attivisti politici, si innamorerà di uno di loro, combatterà per il proprio paese e riparerà infine in Italia dove diverrà un’affermata giornalista. Carezzevoli fuori fuoco, abbacinanti controluce, notti azzurrognole e giornate virate in ocra, ci raccontano una Palestina quasi fiabesca. Non mancano poi una serie di intervanti esplicativi, per lo più verbali, che tentano di riassumere il contesto storico-politico. Proprio come il sopra citato The Millionaire, Miral propone intrattenimento, commozione, immagini dall’innegabile potere visivo e la sua dose di impegno.Tutte queste cose insieme possono risultare alquanto stridenti, ma siamo pronti a scommettere che incontreranno il favore di un vasto pubblico.