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(Di Giovanna Barreca)
05/10/10 – L’anteprima del film La prima notte della luna di Massimo Guglielmi, coproduzione italo-russo-svizzera-polacca, rappresenta – come l’ha definito il direttore artistico Stefania Bianchi – un piccolo ‘caso’ proprio per le insolite modalità produttive, che all’interno del Trailers FilmFest sono state soggette a un vero test screening (una proiezione con scheda consegnata a tutti gli spettatori per conoscere opinioni e reazioni del pubblico), consuetudine americana poco praticata nel nostro paese ma in grado di fornire un feedback informativo prezioso sul gradimento o meno del pubblico e indicazioni utili per il suo posizionamento. Guglielmi, d’altro canto, ci tiene a sottolineare che si tratta di un film che proprio per il suo respiro internazionale ha poco del cinema italiano tradizionale e specifica come sia stato il suo percorso personale, il suo aver viaggiato molto soprattutto nell’Est Europa (aver girato anche un film importante in Georgia qualche anno fa), prima ancora dell’incontro con il racconto omonimo di Cinzia Tani (contenuto nella raccolta “Amori crudeli”), ad avergli permesso di arrivare ‘preparato’ all’appuntamento con una storia tanto importante da sviluppare per immagini: “Questa è una storia d’amore molto insolita che cerca di indagare intimamente il rapporto con gli altri. Alla ricerca di dignità”.
Protagonisti sono un europeo dell’Est emigrato negli Stati Uniti e una giovane russa che vorrebbe diventare cosmonauta. Siamo nella Pietroburgo del 1969 e delle tensioni della Guerra Fredda, dove nasce una passione che muove un’intera esistenza e dove desideri, attrazioni, paure, ricordi di prigionia, ossessioni, sono alla base di un affresco onesto di un’epoca. L’unica presenza italiana in un cast che annovera grandi professionisti del cinema e del teatro dell’area balcanica come Branko Djuric (conosciuto per la sua collaborazione con Kusturica per Il tempo dei gitani e soprattutto per l’interpretazione nel film, premio oscar No man’s land di Danis Tanovic), Tanja Ribic (anch’essa nel film di Tanovic), Lyanka Gryu Dogovar, Philipp Azarov, è quella di Giancarlo Giannini, che interpreta lo scrittore Solgenitsin.
C’è anche, ed è importante sottolinearlo, lo sguardo di un europeo che si pone in maniera equidistante da due culture opposte e dominanti come quella del regime sovietico e quella americana con il suo capitalismo imperante. Al regista interessava varcare i confini nazionali, interessava raccontare la nostra posizione in quel fondamentale momento storico che trasformò l’assetto mondiale in maniera definitiva.