(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)
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10/12/10 – Il lungo addio di Robert Altman è il noir anomalo che Carlo Mazzacurati ha scelto di presentare nella sezione “Figli&Amanti” al 28° Torino film festival. Per il secondo anno si è data la possibilità a cinque registi italiani di raccontare al pubblico la nascita della loro passione con il film che maggiormente li ha ispirati o è semplicemente un loro grande amore: un capolavoro che li ha avvicinati all’arte del cinema senza per forza aver determinato un certo stile di regia. Per Carlo Mazzacurati è stato qualcosa di più, è stato un modo per uscire dalla realtà in un giorno davvero tragico per il nostro Paese, come ha raccontato nella nostra intervista. Spesso il cinema ci permette di “staccare la spina” da tutto quello che accade fuori dalla buia sala di un cinema e calarci in una storia altrui, viaggiare in altri mondi e in altri corpi”. In molti pensavano che dato che l’esordio di Mazzacurati alla regia è avvenuto con un noir thriller nel 1987 che si chiamava Notte italiana, la scelta fosse finita su un film che, come precisa anche Emanuela Martini “è la rappresentazione disillusa e ironica della ‘fauna’ di Los Angeles” come nell’opera del regista italiano c’era quella padana.
Il lungo addio è del 1975 ed è un film tipicamente di genere che Robert Altman rese magistrale già dal prologo dove in una Los Angeles diventata capitale della controcultura, il detective Marlowe è da subito diverso da come il pubblico se l’aspetta: vaga per la città alla ricerca del suo gatto. Una sera si presenta alla sua porta l’amico Terry Lennox, accusato dell’omicidio della ricca moglie, per chiedergli auto. Marlowe lo copre e finisce in prigione. Appena in libertà scopre che l’amico si è suicidato. Inizia ad indagare e mentre è impegnato in un altro caso e sorveglia il famoso scrittore Roger Wade e la moglie Eileen, scoprirà gli strani legami che intercorrevano tra le due coppie.